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Rapirono il ragioniere di Berlusconi, arresti a Milano

Spinelli e i 6 rapitori

Nicoletta Orlandi Posti
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Una storia piena di ombre, che ha tutti gli ingredienti del giallo: la politica, i soldi, i giudici, la richiesta di denaro e documenti scottanti. Il ragioniere Giuseppe Spinelli, diventato famoso per gli assegni che dava mensilmente alle cosiddette Olgettine, è stato sequestrato insieme alla moglie nella loro abitazione di Bresso, poco fuori Milano, la sera del 15 ottobre. Verso le 21 e 45  Spinelli venne aggredito da un paio di uomini che con le pistole in pugno lo sequestrano in casa sua. I malviventi volevano da Berlusconi una cifra tra i 30 e i 35 milioni di euro. In cambio offrirono del materiale informatico che riguardava il lodo Mondadori e, che sostenevano, sarebbe stato in grado di ribaltare la sentenza civile d'appello che è costata all'ex capo del governo il pagamento di un risarcimento pari a 560 milioni di euro a favore di Carlo De Benedetti.  Momenti di paura - "Vedevo mio marito che perdeva sangue dalla bocca a causa dell'aggressione e i suoi occhiali rotti a terra. In quel momento ho pensato che ci avrebbero ammazzato". Così la signora Anna Rasconi, moglie di Spinelli, ha descritto agli inquirenti quanto accaduto nella sua abitazione a lei e al marito, entrambi vittime del sequestro lampo. La descrizione della donna è dettagliata: "Mio marito mi ha chiamato sul telefono di casa verso le ore 21 dicendomi che stava arrivando. Successivamente ho cominciato a preparare la cena e verso le 21.45 ho sentito l'ascensore che si fermava al piano e dall'ascensore ho visto uscire mio marito. Ho aperto la porta - prosegue la moglie di Spinelli - e improvvisamente ho visto una persona che di corsa scendeva le scale che portano al vano ascensore del piano di sopra, mentre un'altra persona è sbucata dal secondo ingresso. Hanno afferrato mio marito, entrambi erano armati e con due passamontagna, e hanno spinto mio marito dentro casa. Appena ho visto questa scena ovviamente mi sono molto spaventata e ho urlato in quel momento ho pensato che ci avrebbero ammazzato. Subito però i due ci hanno detto di stare tranquilli, che non ci avrebbero fatto niente". Il video di Fini - Secondo la ricostruzione di Spinelli la banda propose anche una presunta registrazione video di una cena in cui, secondo il loro racconto, si vedeva Gianfranco Fini a cena con delle toghe e disposto a trafficare con la magistratura per rovinare Berlusconi sul caso Ruby (leggi l'approfondimento). Una circostanza, questa, che fece sorridere sia il legale del Cav, Nicolò Ghedini, sia Berlusconi quando il ragioniere glielo raccontò, ritenendo il leader di Fli incapace di invischiarsi in storie di questo tipo. Inoltre, di questo cd e del video non c'è alcuna traccia. La mattina del 16 ottobre, sotto la minaccia delle armi, Spinelli chiamò Berlusconi e solo allora i banditi se ne andarono. Due giorni dopo lo studio Ghedini-Longo avvisò la Procura milanese e intervenne Ilda Boccassini, che mandò gli investigatori a Bresso, alla residenza del cassiere dell'ex premier, per un sopralluogo scientifico.  L'incontro con Berlusconi - Il 16 ottobre, il giorno successivo al sequestro, Spinelli, come emerge dalla sua deposizione, si recò a casa di Berlusconi. Da Arcore rincasò verso le 15. "Ho riferito a mia moglie che per ragioni di sicurezza dovevamo dormire altrove", ha spiegato ai pm. "Quando sono tornato a casa ho riferito a mia moglie che anche Berlusconi sosteneva che dovessimo dormire altrove, e proprio in quel momento, verso le 15, è arrivata sull'utenza fissa di casa una telefonata - ha spiegato il cassiere del Cav -. Sicuramente non era uno dei tre sequestratori, perché ho avuto tante ore per imprimermi la loro tonalità di voce". Spinelli ricorda poi che l'uomo lo chiamò "Giuseppe" e "mi ha chiesto cosa si fosse deciso a riguardo alla proposta che avevano fatto. Io ho risposto - recita il verbale - che in quei termini non era accettabile, che avevo cercato di convincere Berlusconi che voleva vedere però i filmati e fare una cosa più trasparente". Impegni saltati - Nei giorni del sequestro, Berlusconi ha saltato alcuni impegni ufficiali, ufficialmente per motivi di salute (tra gli impegni sfumati, un pranzo col premier Mario Monti e il congresso del Ppe a Bucarest). Stando ai verbali, il Cavaliere la mattina del 16 ottobre era stato informato del rapimento da una telefonata di Spinelli, pretesa proprio dai sequestratori. Le indagini e gli arresti - Dalla ricostruzione fatta dagli investigatori durante la conferenza stampa in Questura sono emersi numerosi particolari. Prima di tutti i nomi degli arrestati: Francesco Leone, Alessio Maier, Ilirjan e Laurenc Tanko, Pierluigi Tranquilli e Marjus Anuta. I sei, tre italiani e tre albanesi, hanno studiato le abitudini della famiglia Spinelli (tanto che gli abitanti della palazzina hanno riscontrato presenze sospette nei giorni che hanno preceduto il sequestro-lampo) e verso le dieci del 15 ottobre, quando lui è rientrato dalla sua giornata di lavoro, appena uscito dall'ascensore è stato bloccato da due uomini che lo hanno costretto ad entrare nella propria abitazione di Bresso, la cui porta era stata aperta dalla moglie. I due sono stati costretti a stare seduti sul divano nell'attesa che arrivasse un complice, il capo della banda il quale è giunto nel cuore della notte. Francesco Leone viene considerato il leader del sestetto: è un ex collaboratore di giustizia di Bari che, fino al 1996 ha usufruito del programma di protezione per i collaboratori. Ha precedenti per tentato omicidio e sequestro di persona a scopo di estorsione. Il procuratore Ilda Boccassini sostiene che potrebbe essere stato pagato un riscatto, ma lo stesso gip smentisce sottolinenado che la "grossa somma di denaro" (circa otto milioni) potrebbe essere legata ad altre attività illecite dei malviventi.  Le scarpe rossonere e le cassette di sicurezza - E' stato tradito dalla sua fede rosonera: sia Spinelli sia sua moglie (che ha aggiunto: "Eravamo pedinati da due mesi") hanno detto agli investigatori che uno dei malviventi indossava delle scarpe rosse e nere. Le stesse che Leone sfoggiava a San Siro durante la partita tra Milan e Fiorentina. Incastrato dalle scarpe, e dalle tracce biologiche che ha lasciato a casa di Spinelli, tramite lui si è risaliti agli altri componenti della banda. Nella sua ordinanza il gip scrive che c'è un pericolo di inquinamento probatorio da parte degli arrestati e sottolinea la necessità di "accertare quale sia il contenuto delle tre cassette di sicurezza accese dagli indagati (una presso il Credito Valtellinese e le altre due presso Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate). "L'indagine - si legge nell'ordinanza di custodia cautelare - a tale riguardo si rivela estremamente rilevante e ciò per una duplice ragione: in primo luogo in quanto l'accensione di tali cassette pare proprio collegata col sequestro dei coniugi Spinelli; in secondo luogo in quanto gli stessi indagati paiono attribuire estrema importanza al contenuto delle cassette di sicurezza, tanto da volerne trasferire il contenuto in Svizzera al fine di evitare qualsiasi ingerenza delle forze dell'ordine". Sentito dagli inquirenti. Spinelli ha raccontato molti dettagli su quella notte, ma anche la reazione di Silvio Berlusconi e dei suoi legali davanti all'offerta di documenti (leggi i verbali: se non vediamo i documenti, non paghiamo).  L'Ingegnere - "Ritengo assolutamente ridicola l'ipotesi". Così Carlo De Benedetti, presidente onorario del Gruppo Cir, risponde a chi gli chiede se sia possibile che esistano delle carte in grado di ribaltare la sentenza del Lodo Mondadori. "Si tratta, con ogni evidenza, di criminalità - ha aggiunto De Benedetti, ed è materia di cui deve occuparsi la giustizia. Mi pare che gli inquirenti lo stiano facendo". Insomma per l'ingegnere non ci sarebbe alcun legame fra il rapimento e la reale esistenza di documenti che possano annullare o modificare la sentenza sul lodo Mondadori, per la quale il gruppo di Berlusconi ha dovuto pagare 540 milioni di euro alla Cir di De Benedetti. 

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