Daccò in manetteMilano tornaa Mani pulite
Il faccendiere è in carcere da un anno per il crac del San Raffaele. Nel '93, in piena Tangentopoli, Enzo Carra in tribunale ammanettato finì su tutte le prime pagine
In tribunale con le manette ai polsi. Come un pericoloso gangster. Uno che, se lasciato a mani libere, può fare di tutto. Un nemico pubblico, insomma. Così, questa mattina, è arrivato in tribunale a Milano Pierangelo Daccò. Uno che è stato definito "faccendiere" e che nel linguaggio popolare sarebbe un "intrallazzatore", un "maneggione". Non certo una persona pericolosa (ma non dimentichiamo che il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti è stato definito dalla Cassazione "criminale abituale"). Daccò, che è in carcere dal dicembre 2011 in relazione alla vicenda del crac dell'ospedale San Raffaele (per la quale ha una condanna a dieci anni di reclusione in primo grado), è stato interrogato per una vicenda di riciclaggio condotta dalla magistratura svizzera. E in tribunale è arrivato, denuncia il suo avvocato "con gli schiavettoni" (cioè le manette). Impossibile non tornare col ricordo a quel 4 marzo 1993, quando nel turbinare di processi per tangentopoli fece enorme scalpore (prima pagina su titti i giornali) l'arrivo con le manette ai polsi, sempre al tribunale di Milano di Enzo Carra, portavoce dell'allora segretario democristiano Forlani.