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Selvaggia Lucarelli: bimbo "rapito", le mamme in tv sono il nuovo trauma

Giulio Bucchi
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Eviterei le prediche sui confini che la tv non dovrebbe superare e andrò dritta al punto: il circo che si è scatenato in questi giorni sul bambino di Padova prelevato fuori dalla scuola è uno dei casi mediatici più disgustosi e deplorevoli al quale abbia mai assistito. E non lo sostengo dopo un distratto giro di zapping. Ho guardato tutto, compreso quello che mi ero persa recuperandolo online, e sono scossa come se qualcuno avesse trascinato me, per le gambe, mentre Federica Sciarelli mi riprendeva con l'iPhone. Ho visto cose che voi umani. E soprattutto, ho visto cose che voi genitori. E le ho viste fin dalla genesi, dalla scintilla infernale che ha partorito questo delirio mediatico, quando un programma che dovrebbe aiutare a ritrovare persone di cui si sono perse le tracce, ha deciso di fornirci le tracce dettagliate di un bambino che è colpevole solo di trovarsi frullato in un corto circuito di conflitti genitoriali devastanti e una giustizia lenta, confusa, troppo ambigua e inefficace quando si parla di bambini contesi. Perchè la prima domanda che mi faccio, da madre separata con un figlio di otto anni, è come sia possibile compiere la scelta di mandare in onda un video del genere senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze irreversibili che una decisione del genere comporta. Non saranno i pixel sulla faccia a proteggere quel bambino, un domani, dallo scempio di rivedersi mentre le sue scarpe grattano l'asfalto, il papà lo trascina come un sacco di patate, i poliziotti gli tengono i piedi come a un ferito di guerra e la zia amorevole lo riprende col telefonino per mandare il video a Chi l'ha visto. Mi chiedo  perché quel video non sia finito in mano a un avvocato e a un giudice, anziché in pasto allo Share-lli. Mi chiedo sì, che razza di padre sia quello che tira per i piedi un figlio davanti alla scuola, ma anche che madre sia quella che trascina il figlio per i piedi in televisione, infilandolo nel secchio zozzo delle frattaglie con cui sfamare le bestie voraci di questa tv.  Mi chiedo che tv sia quella che si sfama di questo. E ho visto  i conduttori che ci mangiano, da quel secchio, leccando pure il fondo, parlare di rispetto e attenzione per quel bambino, fingendo scrupoli ridicoli. I pixel sulla faccia del minore, come no. Mara Venier e Barbara D'Urso che si scusano perchè qualcuno durante La vita in diretta o Pomeriggio 5 ha pronunciato il nome del bimbo, rispettiamo la sua privacy.  Certo, perché  sarà il suo nome a renderlo riconoscibile, non le belle facce di mamma e papà nei salotti della Venier e della D'Urso. Immagino che quando tornerà a scuola tutti capiranno che è QUEL Leonardo, perché di Leonardo da Roma in su c'è solo lui, non perchè ad accompagnarlo a scuola saranno quella mamma che parlava di lui in tv senza pixel e quel papà che raccontava la sua storia su Rai1, tra un servizio sui formaggi sardi e uno sul battesimo della figlia della Marcuzzi. Ho visto Alessandra Mussolini prendere così a cuore questa vicenda da decidere di andare a trovare il bambino nella casa protetta in cui si trova per rassicurare la madre sul suo stato mentale e psicologico. Ora, a parte il dramma surreale di questo povero bambino che finisce in una casa protetta che non riesce a proteggerlo neppure da Alessandra Mussolini, il punto fondamentale è che la Mussolini s'è presentata lì fuori con le telecamere di Pomeriggio 5. E qui la cosa va sottolineata bene: il presidente della commissione parlamentare dei diritti per l'infanzia va a trovare un minore la cui vita è già stata  spettacolarizzata come la strizzata di tette della Del Basso sotto la doccia del Grande fratello, e lo fa con le telecamere. Ma soprattutto, dopo che ha visto il minore, racconta alla madre come sta suo figlio e cosa le ha detto, non durante una telefonata privata, commossa, toccante. No, in diretta tv. Se riuscite, rivedete questo passaggio, perché è un momento televisivo di rara ipocrisia. Prima viene mandato in onda il video di una volontaria di quella casa famiglia che rassicura tutti e dice che il bambino è sereno, dorme, gioca a Super Mario Bros. Poi, arriva la Mussolini, che con pause ad effetto, frasi opportunamente smozzicate, preventive rassicurazioni alla madre, le dice che lei purtroppo lo deve rivelare, non può mentire e non le interessa quello che dice il garante della privacy, che andrà in galera ma deve riferire quello che il bambino le ha detto.  E lì uno si aspetta rivelazioni shock del tipo «è legato alla gamba del letto e lo sottopongono a elettroshock», mentre il punto, per giunta vago e argomentato con scarsa chiarezza, è che «il bambino è provato». «Vuole andare dalla mamma». «Ha un po' male alla schiena». «Non si relaziona con gli adulti, voleva andare a giocare con gli altri bambini». E voglio dire, un bambino che preferisce i coetanei alla Mussolini mi pare piuttosto lucido. Il tutto, davanti alla D'Urso che rassicura il Garante sull'estrema attenzione per la privacy del bambino e la madre in lacrime che, nel frattempo, ricorda a tutti che dal filmato fuori dalla scuola sono state tagliate le parolacce che il bambino gridava al padre, tanto perché c'era bisogno di aggiungere qualche particolare osceno a questa allegra vicenda.  Il tutto, naturalmente, condito dal tormentone salva-coscienza «lo facciamo per il bene del bambino». Nessuno, ha fatto il bene del bambino, in questa storia, sia chiaro. E nessuno lo ha fatto perché  quella del bambino di Padova è  la storia  esasperata, perversa e dolorosa di tutte le separazioni più incivili e tormentate. Quelle, appunto, in cui si smette di pensare al bene del bambino e di fronte alla spada di Salomone, si lascia che la lama affondi nella carne di un innocente. Magari a favore di telecamera. E che chi l'ha trascinato per le gambe, filmato come un concerto e portato nei salotti tv, tenga bene a mente che il bambino diviso in due dalla spada, perderà l'infanzia una seconda volta e in un momento preciso: quando andrà su google, su youtube e su tutti i siti che avranno sempre memoria dello scempio che si è fatto della sua infanzia.  E se a lui hanno diagnosticato un'alienazione parentale, io, dopo questa vicenda, ho una feroce e virulenta alienazione mediatica. di Selvaggia Lucarelli

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