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Leggere, scrivere, fare di conto: la scuola ai tempi del Duce

A Caprile la ricostruzione di un'aula scolastica degli Anni Trenta, tra abbecedari, ritratti di Mussolini e del Re e i diari dei maestri

Giulio Bucchi
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di Carlo Franza    Dal diario tenuto da un maestro che aveva per nome Emilio Alchini è partita l'idea di mettere in piedi una mostra  aperta fino a settembre a Caprile, una frazione di Alleghe in provincia di Belluno. Ha titolo Leggere, scrivere e far di conto, ovvero almeno imparare a mettere la firma, leggere documenti, fare conti, proprio in un'epoca in cui l'analfabetismo era dell'ottanta per cento della popolazione italiana. Quel maestro girò per le scuole della Valle Agordina fra mille peripezie, fra difficoltà di comunicazione viaria e le sofferenze degli alunni che sedevano nelle aule, da come si legge nelle pagine scritte di sua mano. Scriveva Alchini: "Non è possibile tenere la penna in mano. I ragazzi piangono dal freddo...”. E una maestrina a nome Tecla Guadagnin lascia leggere nel suo diario esposto a Caprile che ci mise cinque giorni a dorso di mulo per arrivare alla misera  scuola che le era stata assegnata alle sorgenti dell'Isonzo. Sono passati più di ottant'anni  e la scuola italiana vive il dramma preannunciato ad ogni giro d'inizio anno scolastico. Precari, stabili scolastici non agibili o quasi, sovraffollamento, e via andare. A proposito di precari la mostra partecipa dati e nodi che per un secolo non sono stati sciolti, basti pensare che la scuola italiana povera era e povera è ancora oggi, e dire che di ministri della Pubblica Istruzione ne sono passati: dall'Unità fino al 1901 ne sono cambiati già per ben 33 volte, e la prima sanatoria al precariato in epoca sabauda risale al 1859. Veniamo alla mostra, oggetti e arredi scolastici d'epoca che anche noi alunni degli anni Cinquanta abbiamo in un ricordo che non si è attenuato. Ecco ricostruita un'aula con i banchi di legno in cui stare seduti era un sacrificio, la cattedra che sembrava un bancone, il calamaio, la lavagna, i ritratti di Mussolini, Pio XI e Vittorio Emanuele III, e un'intera collezione raccolta da Egidio Guidolin di  quaderni neri, i pennini Cavallotti, matite, astucci, calamai, carte assorbenti, abecedari,carte geografiche. Sorprendenti quei sussidiari savoiardi, fascisti e colonialisti, fra tutti il Verso la vita, un sillabario, udite bene, "fonico",altrochè gli odierni libri con l'edizione digitale, edito a Tripoli, scritto a quattro mani da Baldassarre Indelicato e Scek Mohammed Kamel El Hammali per i bambini arabi della Libia italianizzata, cui viene insegnato come modulare la bocca per dire “E” o  “O”. Le stesse cartelle degli alunni erano in legno, scarpe chiodate per il lungo tragitto specie in montagna e sotto il manto di neve e lo “scaldamani” carico di carboni accesi.   Ora se l'Italia prima con il boom  degli anni Sessanta  e via via nei decenni successivi è cresciuta ed è diventata ricca, tanto che fino a poco tempo fa, ovvero il 2007, prima che scoppiasse la crisi, il reddito medio degli italiani era di otto volte e mezzo, e la vita ormai si è talmente allungata che ci manderanno in pensione a ottant'anni, l'unica istituzione a non essere stata modificata se non con parvenze di riforme, è proprio la scuola. Per essa sempre pochi soldi, dai miseri salari dei professori alle strutture fatiscenti e sporche. Ma mi fermo qui. La mostra dice di più.       

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