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Napolitano chiede la verità sulla strage

Il capo dello Stato ha mandato un messaggio a Palermo: "Non c'è alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità"

Nicoletta Orlandi Posti
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"Non c'è alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità, ritardi e incertezze nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia". E' uno dei passaggi del messaggio scritto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per la commemorazione del 20esimo anniversario del tragico attentato in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. "E proprio a tal fine - sottolinea il presidente - è importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione".  Per il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, "non ci sono contrasti nè potrebbero essercene con la presidenza della Repubblica. C'è una vicenda di carattere giuridico - il conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale - che avrà il suo luogo naturale deputato di esame e di soluzione presso la Corte Costituzionale. Tutti quanti stiamo serenamente in attesa di una parola decisiva su questo punto".  "Dobbiamo vigilare perchè la condizione di isolamento che visse Borsellino non si ripeta - ha ammonito il presidente dell'Anm di Palermo, Nino Di Matteo - dobbiamo pretendere che nella direzione della ricerca della verità si impegnino, non solo a parole, politica e istituzioni e cessino reticenze e omertà".   La magistratura si è impegnata - ha spiegato il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia - per "far entrare la luce della verità in questa stanza ma la verità non potrà entrare se non ci sarà un impegno collettivo".    Per il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, "il messaggio del presidente della Repubblica è di esemplare chiarezza e ribadisce che non ci devono essere nè strumentalizzazioni nè polemiche di basso livello, che ci sono state, perchè tutti sono fermamente convinti del dovere di sostenere i magistrati palermitani per accertare se davvero ci fu una trattativa Stato-mafia e chi se ne rese responsabile". "Ci si nasconde dietro un cavillo giuridico interpretativo - ha ribadito il leader Idv, Antonio Di Pietro -. Il conflitto di attribuzione è un atto dirompente e inopportuno".

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