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Il comune di Bologna paga i graffitari per disegnare topi sui muri

I topi appaiono su una casa di edilizia popolare e sono costati 110 mila euro

Alberti Eva
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  Per rendere più vivibile la città, il sindaco Virginio Merola e l'assessore alla Cultura Alberto Ronchi chiamano topi e mandrilli. Per ora, appaiono soltanto in effigie su un palazzo di edilizia popolare di via Pier de' Crescenzi, a poca distanza dalla stazione centrale, anche se costano 110mila euro alle casse del Comune. Per capire chi li intascherà, il consigliere regionale del Pdl Galeazzo Bignami ha presentato un'interrogazione all'assemblea legislativa dell'Emilia Romagna. Nella delibera compaiono «manifestazioni culturali “Frontier - La linea dello stile” e “progetto Oz”», fatti figurare come “progetti speciali e prioritari 2012», che dovrebbero valorizzare con opere d'arte di dimensioni monumentali l'aspetto degli immobili pubblici. Il tutto affidato all'estro dei writer e alle loro bombolette di vernice spray. Eppure, commenta Bignami, «vi sono circa 600 appartamenti dell'Acer vuoti perché mancano le risorse per metterli a norma e procedere all'assegnazione» e, più semplicemente, si potrebbe magari procedere alla manutenzione ascensori.    Mattia Kolletzek, consigliere di quartiere del Pdl, è stupito anche per la procedura seguita dalle autorità municipali: «Passi che non l'hanno comunicato a noi. Ma non l'hanno detto nemmeno ai residenti, salvo indire una riunione che è andata praticamente deserta perché pochissimi lo sapevano». Se li avessero interpellati avrebbero spiegato che, in quello stabile, quando piove si allaga il giardino, gli intonaci sono scrostati e bisognosi d'intervento e non mancano problemi di ordine pubblico per l'alta densità di extracomunitari. «In più ci sono i ratti veri che spuntano dal sottosuolo e dalle fogne, sembra un'antipatica ironia. Perciò chiederemo che vengano cancellati quegli sgorbi. Parleremo con i residenti, poi semmai andremo noi con qualche rullo e qualche secchio di vernice a sistemare la situazione», annuncia Kolletzek.   L'iniziativa sarebbe ben accolta dalla gente, preoccupata perché nelle vicinanze c'è un centro sociale, il Tpo, fra i più caldi di Bologna, i cui militanti sono stati coinvolti negli scontri della Val di Susa. Sulle prime, alcuni temevano di essere stati occupati anche loro. Giuseppe Staglianò, universitario fuori sede che abita nello studentato vicino, sottolinea l'esistenza di «diversi problemi di sicurezza» nell'area e ritiene che la soluzione non si sia rivelata eccezionale, «anche se mi piace la street art e non disprezzo totalmente i graffiti». Non può fare a meno di notare che comunque «c'è una bella differenza con le manifestazioni che hanno un tema. Questo invece sembra un progetto un po' campato in aria perché non ha un filo logico e un significato attinente alla città. Conoscendo il quartiere, constata che «c'è il rischio di crolli di pensiline e alcuni edifici sono ancora transennati. Potevano utilizzare meglio quei fondi sistemando almeno le strutture». Teresa Attimonelli, residente sebbene ancora per poco, lamenta che la zona è piena di clochard che dormono nei cortili e sotto i portici delle case. Il problema forse sarà risolto, anche grazie a maggiori controlli da parte dei vigili. Ma non è certo con dei disegni che si risolve il degrado. Magari sarebbe stato meglio organizzare eventi, aprire spazi per i giovani.Non è che mancassero i progetti per riqualificare le zone degradate. Un'idea, originariamente proposta da un consigliere del Pdl di un altro quartiere, Domenico Petrone, fu archiviata benché dedicata ai 150 anni dell'Unità d'Italia. Fra l'altro, il suggerimento arrivava dai banchi dell'opposizione.  

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