Facci: le sfingi
Sull'Egitto le firme più progressiste d'Italia hanno dovuto esibirsi in numeri da circo per giustificare il golpe militare contro l'Islam cattivo. E ora con la Siria...
L'analisi politica non è certo chiaroveggenza, e se ci mettessimo a censire tutte le previsioni che gli analisti italiani hanno regolarmente cannato, beh, sarebbe un bagno di sangue: ma la maggior parte dei corsivisti, per loro fortuna, tendono a sfangarla perché i loro vecchi articoli non li ricorda nessuno. Va detto che nel caso dell'Egitto, però, certe cazzate sono state scritte poche settimane fa, non negli anni Novanta. Quando una buona parte dei progressisti e dei giornaloni tifò apertamente per dei militari che stavano rovesciando una democrazia, voglio dire, era il luglio scorso. C'era Michele Serra che, pur ammettendo la contraddizione, su Repubblica scriveva: «Alzi la mano chi non fa il tifo per il Cairo... certe barbe fanatiche fanno venir voglia non di uno, ma di dieci eserciti che impediscano con ogni mezzo all'integralismo islamista di prevalere». Antonio Ferrari, sul Corriere della Sera, spiegava che «non è un golpe contro il popolo» e che trattavasi di «golpe popolare», «dolce, grigio». Bernardo Valli, su Repubblica, spiegava che l'esercito mirava solo a «ripristinare il processo democratico», come a dire che si rovesciava una democrazia per instaurare una democrazia. Da capogiro anche Pasquale Ferrara su l'Unità. Bene: piacerebbe sapere, dopo le stragi agostane, se abbiano qualcosa da aggiungere o se rimarranno, come ora, muti come sfingi. Per poi ricominciare a discettare: sulla Siria, magari. di Filippo Facci