Facci: stipendi e programma, Grillo ha già perso il controllo del M5S
Il Movimento è nel caos: dopo le critiche al fondatore e il dietrofront sulla tv, rinnega un altro dei suoi obiettivi simbolo, quello sui rimborsi
di Filippo Facci Grillini che vanno in tv, che intascano l'intero stipendio, che sfanculano il fondatore: la verità è che nessuno li tiene più. Non li tiene Grillo e figurarsi Casaleggio, che sta sulle palle a mezzo Movimento. Che poi: era previsto e prevedibile che una quota di grillini a un certo punto sbroccasse, perché il potere dà alla testa o alla sua mancanza, insomma era nel conto, c'è una fisiologia e un accomodamento che da sempre accompagnano i partiti che crescono in fretta. Ma qui siamo al rinnegamento dell'abc, all'eresia, al taglio delle radici. Siamo al movimento che snobbava dogmaticamente i giornalisti e che ora invece dice «andate pure in tv», come ha concesso Grillo l'altro ieri. Siamo al Movimento che ha fatto fuoco e fiamme sull'Alta velocità e poi ha salutato dei senatori a Cinque Stelle che viaggiavano sul Frecciarossa. Il movimento che ha fatto intere campagne sulla bouvette della Camera e poi ha sorpreso qualche loro parlamentare che pranzava proprio lì. Le sciocchezze - Sciocchezze, modeste scosse di assestamento: qualcuna forse sì, di tante cose neppure parliamo, ma i soldi no, i soldi non sono un dettaglio, e neanche la politica lo è. Grillo, proprio ieri, ha ribadito che lo «ius soli» (il principio per cui diventa italiano chiunque nasca in Italia) a lui non è mai piaciuto e continuerà non piacere: e l'ha riscritto su quel vangelo che è il suo blog. Lo ius soli è roba da sinistra in campagna elettorale - dice - e al limite ci vorrebbe un referendum, occorrerebbe parlarne in Europa. Ebbene: non è che un suo parlamentare, ieri, ha detto che dissente; Alessandro Di Battista, ieri, ha risposto «chissenefrega». «Il pensiero di Grillo non è la linea del Movimento Cinque Stelle... Ciò che scrive Grillo sul suo blog equivale a quello che può scrivere Scalfari su Repubblica. La linea Cinque Stelle va decisa dai cittadini con la democrazia diretta». Se anche fosse vero, sa di calcio nei denti: lo sanno anche i sassi che Grillo è il sovrano del suo partito e che al limite, come in tutte le monarchie, c'è un riccioluto vicerè che può farne le veci. Per quanto ridicolo, e per quanto non contempli lo ius soli, il Movimento ha un programma, e certo non l'ha scritto la democrazia diretta: l'hanno scritto i soliti due. Se fosse vero che ciascuno può opinare e sparare ciò che vuole, non avrebbero piazzato due «commissari» per la comunicazione. E comunque il paragone con Scalfari è uno sfregio, considerato che la sinistra non gli ha mai dato retta e che si è regolarmente schiantata quando l'ha fatto. Detto con rispetto: non è un paragone fantastico, quello con Scalfari. Ma è la questione dei soldi che grida vendetta, e che no, non era nel conto, non ora, non subito, non così: la «diversità» in tema di risparmio e morigeratezza è sempre stato un architrave della missione grillina, altroché, e però qui non si tratta di singole eccezioni, non è un senatore vanesio che s'è innamorato di Barbara D'Urso: frotte di parlamentari a Cinque Stelle si sono seriamente accapigliati sul primo stipendio. È successo e succede. C'è ancora chi lo vuole tutto e chi invece no, padri di famiglia contro single, gente che aveva un lavoro ben pagato contro miracolati che non avevano una lira. Poi è chiaro, c'è sempre il caso limite: il grillino siciliano Antonio Venturino è stato espulso perché non osserverà «la restituzione delle somme eccedenti i 2.500 euro più rimborsi spese». Ma, da quanto si è capito, per farsi espellere ormai c'è la fila: e non è gridando «chi si tiene i soldi è un pezzo di merda» che le cose a quanto pare stanno tornando a posto. Niente rivoluzione - Dopo un bel «fanculo ai soldi», che detto da lui è suonato un po' così, Grillo nei giorni scorsi ha dovuto ammettere che «un piccolo gruppo di parlamentari non vuole restituire il rimanente delle spese non sostenute». Poi l'ha messa ancora più morbida: «Chi vuole restituirà la diaria, chi non vuole, no». Non proprio una rivoluzione, insomma. Per Enrico Letta, ieri, è stato uno scherzo metterlo a tappeto: «Io taglierò lo stipendio dei miei ministri, vedo che Grillo fatica a togliere la diaria ai suoi parlamentari». Il comico gli ha risposto ogni cosa e ha tuonato che il suo Movimento è «l'unica opposizione», dimenticando che il molisano che aveva adottato lo stesso slogan è finito fuori dal Parlamento. «Ci sono quattro pilastri guida nel movimento», ha detto Grillo secondo Il Fatto di ieri, «e cioè i soldi, il coordinamento della comunicazione, la circolazione delle informazioni e il rispetto dei capigruppo». Si stanno sgretolando tutti e quattro.