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L'incubo orwelliano si realizza. Con il redditometro...

Niente pazzie o colpi di testa. Come diceva "quello", meglio un uomo a taglia unica

Andrea Tempestini
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di Filippo Facci Il redditometro progettato da Equitalia, detto simpaticamente, è un incubo orwelliano che si realizza. La prima idea di redditometro fu proposta da Giulio Tremonti nel 1994: ma si limitava a ipotetici controlli sui ministeriali delle Finanze. Il Di Pietro dimissionario dalla magistratura, poi, pensò di estenderlo a tutta l'amministrazione pubblica (voleva chiamarla «Sis») così che fossero i cittadini a dover dimostrare che le rendite dichiarate fossero compatibili col loro stile di vita, non viceversa. Era l'inversione dell'onere della prova cara a Mani pulite, nonché lo strumento che doveva far continuare l'inchiesta nella burocrazia e nella vita civile: Di Pietro l'inserì nel progetto «Mani pulite 2» che auspicava «il ricomponimento del Pool» in una struttura che per procedere non avesse neanche bisogno di notizie di reato. Ora: il nuovo redditometro - che ha nel mirino auto, asili, università e altri cento indicatori che disegnino un reddito presunto - servirà ufficialmente solo a far scattare accertamenti: ma porterà giocoforza al terrore dei consumi e a una loro omogeneizzazione. Ci sono concessionari di auto usate, già oggi, che si sentono chiedere: «Ma se la compro, secondo lei, mi controllano?». E magari è un'auto vecchia ma appariscente. Meglio non rischiare, meglio il low profile, niente pazzie o colpi di testa. Come diceva quello: meglio un uomo a taglia unica.

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