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L'orrenda fine di Sergio Cofferati

Il "cinese", ex segretario barricadero della Cgil anti-Cav, costretto ad assistere al matrimonio tra il suo Pd e il Monti della "macelleria sociale"

Giulio Bucchi
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La passione di Cofferati per il patriota Giuseppe Verdi, cui contrapporre la cavalcata delle valchirie dello spread, offrirebbe il fianco a metafore visionarie. Limitiamoci a dire che dev'essere davvero dura, per lui e per quelli come lui,  assistere a «l'orrendo foco» di un Pd che nei fatti è divenuto il principale sostenitore del governo Monti. Cioè, rendetevi conto: Sergio Cofferati, detto il Cinese, europarlamentare, sindacalista storico ed ex sindaco di Bologna, è l'uomo che portò al Circo Massimo tre milioni di persone per fermare la riforma dell'articolo 18 tentata dal governo Berlusconi (e abortita, peraltro) e che ora deve assistere impavido, da europarlamentare, a un Pd che quella riforma l'ha votata: e l'ha votata in una chiave oltretutto appesantita dai vari quarti di bue che la «macelleria sociale» ha appeso ai ganci delle riforme. Dev'essere emotivamente devastante. Come dev'esserlo, oggi,  leggere che Moody's considera addirittura una «fonte di rischio» le elezioni politiche del 2013: quelle che già ci furono negate (anticipate) e che si teme possano sfociare in un quadro troppo frammentato: un quadro, in altre parole, coi vari Di Pietro e Vendola e perché no, Cofferati. Addio welfare, addio piazze, addio democrazia. Roba da iscriversi all'Anpi, da iscriversi alla Cgil, da iscriversi - in un tempo lontano - addirittura al Pd. di Filippo Facci

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