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La Cassazione annulla l'assoluzione per Stasi

Il fidanzato di Chiara Poggi dovrà essere processato di nuovo

Lucia Esposito
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Annullamento con rinvio della sentenza della Corte d'assise d'appello di Milano che aveva assolto Alberto Stasi, unico imputato per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, assassinata a Garlasco il 13 agosto 2007. Lo ha deciso la prima sezione penale della Cassazione che hanno ritenuto fondati i ricorsi presentati dalla procura generale di Milano e dalla famiglia Poggi, costituitasi parte civile. Stasi era stato assolto sia in primo che in secondo grado: il gup di Vigevano e la Corte d'assise d'appello di Milano poi, avevano pronunciato nei suoi confronti l'assoluzione "per non aver commesso il fatto".  "E' dispiaciuto, non capisce il perchè di questo verdetto". Così l'avvocato Fabio Giarda, racconta la prima reazione di Alberto Stasi che stamane non era presente al Palazzaccio ma è partito da Roma ieri sera, al termine dell'udienza, per tornare a casa a Milano. Ha saputo del verdetto dai suoi legali per telefono. Soddisfatti i genitori di Chiara: "Lo speravamo. Speravamo che i giudici non chiudessero definitivamente il caso. Abbiamo bisogno di verità sulla morte di nostra figlia. Crediamo nella giustizia".    L'omicidio di Chiara Poggi - Il 13 agosto 2007 Chiara Poggi, 26 anni, viene uccisa nella sua villetta di via Pascoli a Garlasco, in provincia di Pavia. E' il fidanzato Alberto Stasi, allora 24enne laureando alla Bocconi, a dare l'allarme. Entra dalla porta socchiusa, cammina sul pavimento sporco di sangue, poi scopre il cadavere sulle scale che portano in taverna. Su di lui puntano, da subito, le indagini. A non convincere gli investigatori sono le sue scarpe 'immacolate', l'assenza delle sue impronte sul pavimento di casa Poggi e una serie di dettagli sul ritrovamento della vittima. Elementi che, a una settimana dall'omicidio, lo portano all'iscrizione nel registro degli indagati. Sarà il ritrovamento del Dna della vittima sui pedali della sua bici bordeaux da uomo a far parlare di 'pistola fumante': per il biondino scattano le manette, ma di fronte a un quadro probatorio non convincente il gip Giulia Pravon lo rimette in libertà. Il gup Stefano Vitelli giudica l'imputato con rito abbreviato, ma il processo lampo si 'complica': il giudice dispone ulteriori accertamenti per sopperire ad "alcune significative incompletezze d'indagine". Nella battaglia processuale finiscono il computer dell'imputato, l'orario della morte e la perizia sulle macchie di sangue presenti nella villetta di via Pascoli.  Le tappe del processo - L'accusa chiede la condanna a 30 di reclusione. Diversi gli indizi raccolti contro l'ex fidanzato: le scarpe 'candide', i pedali della sua bicicletta con tracce ematiche della vittima, le sue impronte miste al Dna di Chiara trovate sull'erogatore del sapone nel bagno dove l'assassino si è lavato. Nessun alibi, secondo l'accusa, per l'ex fidanzato: non era al computer mentre Chiara veniva uccisa. Innocente al di là di ogni ragionevole dubbio. Contro Alberto "ci sono solo indizi" e' la tesi difensiva. Alberto poteva camminare sul pavimento della villetta senza sporcarsi le scarpe con il sangue della vittima, il pc portatile 'compromesso' dagli accessi degli investigatori rende credibile il suo alibi, la traccia sui pedali della bici e sul dispenser non mettono d'accordo gli esperti. E in un'indagine 'a senso unico' mancato, per la difesa, troppe certezze: un movente reale, l'arma del delitto, un alibi 'cancellato' e un orario incerto della morte. Il 17 dicembre 2009 arriva per Alberto la prima assoluzione. Il tentativo dell'accusa e della parte civile di riaprire il processo davanti ai giudici d'Appello di Milano non riesce: nessun nuovo esame su un capello trovato tra le mani di Chiara, nessun sequestro di una bicicletta nella disponibilita' della famiglia Stasi, nessuna prova sperimentale della camminata di Alberto sui gradini di casa Poggi. Il 5 dicembre 2011 per l'ex fidanzato arriva la seconda assoluzione, dopo solo cinque udienze. Per il biondino che tenta di rifarsi una vita i "quattro anni da incubo" si sciolgono in lacrime: "è giusto così" dice abbracciando uno dei suoi legali, mentre i genitori e il fratello di Chiara lasciano delusi l'aula. "Non mi arrenderò, ho ancora fiducia nella giustizia", il commento di mamma Rita che continua a chiedersi chi e perchè ha ucciso sua figlia. Contro una sentenza inficiata "da manifesta contradditorietà e illogicità nelle motivazione" ricorrono in Cassazione accusa e parte civile. Dopo l'udienza del 5 aprile scorso e quella di ieri, oggi, a quasi 6 anni dal delitto la Suprema Corte emette il suo verdetto: Alberto dovrà essere processato di nuovo.

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