Caso Bnl-Unipol: chiesto un anno per Berlusconi
Caso Bnl-Unipol, con un tempismo sorprendete arriva la richiesta della procura di Milano. Chiesti tre anni e tre mesi per Paolo Berlusconi
Semplicemente, giustizia ad orologeria. Silvio Berlusconi è tornato in campo, e le toghe riprendono l'assedio. L'ultimo tassello del puzzle, semplicemente in ordine cronologico, è la richiesta di condanna a un anno di reclusione nell'ambito dell'inchiesta Unipol-Bnl (il rinvio a giudizio risale allo scorso febbraio). Il pm del solito pool di Milano, Maurizio Romanelli, ha chiesto la condanna a un anno di reclusione per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio nel processo che ha come epicentro l'ormai celeberrima telefonata tra Piero Fassino, allora segretario dei Ds, e Giovanni Consorte, manager di Unipol (le telefonata del "abbiamo una banca"). Quando c'è di mezzo il Cavaliere valgono sempre due pesi e due misure: la fuga di notizie sulla stampa, che è prassi quotidiana, la deve pagare soltanto lui. Anche se Berlusconi, all'epoca dei fatti, non era nemmeno editore del quotidiano al centro dello "scandalo". Tre anni a Paolo Berlusconi - Contestualmente sono stati chiesti tre anni e ter mesi di carcere per Paolo Berlusconi, editore de Il Giornale, il quotidiano sul quale era stata pubblicata l'intercettazione. I reati che vengono contestati al fratello del Cavaliere sono quelli di ricettazione e di rivelazione di segreto d'ufficio. Il pm Romanelli, inoltre, ha chiesto per Paolo Berlusconi l'assoluzione dall'accusa di millantato credito. Il teorema - Secondo il teorema delle toghe, Silvio Berlusconi, come il fratello Paolo, è colpevole di "non aver mai denunciato i tentativi di ricatto a fronte di un lunghissimo periodo". Nella sua requisitoria, il pm Romanelli ricostruisce i tentativi di ricatto messi in atto da Fabrizio Favata, iniziati nel 2007, e la scelta di Paolo Berlusconi di "prendere tempo, mandarlo da Ghedini, andare avanti così per quasi tre anni. Non si può dire non lo denunciamo 'perché è un poveraccio', si denuncia. Ci si affida alla giustizia", ha aggiunto la toga. "Silvio non dormiva" - Romanelli si spinge ad affermare che Berlusconi, la sera del 24 dicembre 2005, quando ad Arcore venne ascoltata la registrazione della telefonata tra Fassino e Consorte, "non dormiva". Il pm spiega: "Raffaelli (il titolare della società che si occupava di svolgere intercettazioni per conto della Procura, ndr) ha detto una cosa non vera quando ha detto che Silvio si era addormentato. Che l'audio sia stato da lui ascoltato ce l'ha detto Favata (l'imprenditore già condannato per questa vicenda, ndr)". Secondo la toga, la circostanza sarebbe stata confermata da altre valutazioni. Le conferme, arriverebbero anzitutto dal fatto che tutti raccontano che l'ex premier non ha avuto reazioni all'ascolto: "Non chiede, non fa domande - questo il teorema dei pm -, questo è il racconto di tutti e significa che sapeva cosa stava succedendo, che era quanto era stato previsto. Inoltre, se davvero si fosse assopito gli altri indagati ne avrebbero parlato, ma dalle intercettazioni non risulta". "Valutazioni assurde" - La prima a commentare la sentenza è stata Gabriella Giammanco, deputata del Pdl, che ha inquadrato la situazione: "Come al solito, in prossimità delle elezioni, il presidente Berlusconi è il bersaglio preferito di certa magistratura che non esita a fare le valutazioni più assurde. Nessuno ha mai sollevato il problema della fuga di notizie quando la stampa ha riportato integralmente documenti, quasi sempre riguardanti esponenti del centro-destra, coperti da segreto istruttorio. E' fin troppo chiaro - ha concluso la Giammanco - che le accuse mosse al presidente Berlusconi sono ingiuste, faziose e prive di ogni fondamento". "Che condanna per le toghe?" - Rincara il deputato azzurro Luca d'Alessandro: "Se i pubblici ministeri di Milano chiedono un anno di carcere nei confronti di Silvio Berlusconi per una presunta fuga di notizie da lui mai commessa nell'ambito di un'inchiesta di cui l'unico testimone d'accusa è una persona ampliamente screditata, viene da chiedersi quanti anni dovrebbero essere inflitti agli inquirenti delle varie procure italiane (a partire da Milano e Palermo) per le sistematiche fughe di notizie che hanno riguardato inchieste e intercettazioni di Berlusconi stesso. A spanne si arriverebbe a decine di anni di carcere, che diminuirebbero solo nel caso venisse riconosciuta la continuazione del reato nell'ambito di un medesimo disegno criminoso".