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Per le "super-star" di La7i soldi Mediaset puzzano

Stella e Mentana

Lerner e Mentana scatenati dopo l'interesse del Biscione per Telecom Italia Media. Mitraglietta: "Se arriva Silvio me ne vado". E l'ad Stella: "L'operazione si può fare"

Andrea Tempestini
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di Francesco Specchia   Mediaset che si vuol pappare La7? Ma se a Cologno Monzese stanno risparmiando anche sui cappuccini, i soldi - scusate-  chi glieli dà? E poi con l'Antitrust come la mettiamo, con tutta quella conseguente casbah di multiplex; con tutta la prosopopea del gruppo dominante della tv commerciale -Mediaset- che fagocita il suo unico competitor -La7- ? Mah. Queste sono i due quesiti che qualsiasi addetto ai lavori sano di mente si pone, alla notizia che il gruppo berlusconiano ha intenzione di presentare una proposta entro il prossimo 24 settembre, data di scadenza dei termini per la consegna di proposte “non vincolanti” per l'acquisto di Telecom Italia Media. Tecnicamente la manifestazione d'interesse di Piersilvio B. sarebbe doppia: per La7 e Mtv; e - attraverso la controllata Ei Towers - pure per l'infrastruttura per le frequenze.  Da qui, le due domande di cui sopra. A cui ci risponde l'amministratore delegato plenipotenziario di Telecom Italia Media (La7 e Mtv) Gianni Stella detto er Canaro per l'irsuta franchezza nei tagli e nelle dichiarazioni: «É vero che c'è un forte interessamento di Mediaset, almeno in questa fase iniziale, noi stiamo valutando eventuali problemi  giuridici, normativi e di antitrust». Ecco, appunto, c'è un problemino di leggi... «No. Parliamoci chiaro: non è un problema di leggi, in Italia non lo è mai. D'altronde c'erano problemi anche con la Corte Costituzionale e Rete 4, non le pare? Quelli di Mediaset intanto fanno, poi questi problemi si sormontano, il modo si trova, si fidi…», aggiunge Stella che ritiene anche la liquidità di Mediaset (un po' impiccata, ultimamente) un ostacolo sormontabilissimo: «I soldi? Ma per Berlusconi i soldi non sono un ostacolo. Ci pensi bene: non è un caso che Bassetti (Endemol, ndr) stia mettendo in giro la voce che La7 non vale un cazzo. Ma lui stesso sa benissimo che non è così; La7 vale perché Mediaset sta collassando mentre la Rai è già collassata. Io se fossi Berlusconi la7 la comprerei. Ma siamo ancora alla fase iniziale non vincolante, non di binding offer, poi gestisce l'azionista, può davvero succedere di tutto..». E se succedesse davvero di tutto? Se si palesassero davvero i Silvio boys? «...se arriva Berlusconi o chi per lui –e mi riferisco a Bassetti, Urbano Cairo non lo considero né un amico né un nemico-  io me ne vado. Se invece arriva Discovery Channel potrei rimanere per assicurare una morbida transizione con chessò un Jack, un John, un Arthur: io conosco la macchina che è tutt'altro che facile da guidare, mi creda...». Cioè, ricapitolando: l'antitrust conta poco, Bassetti può essere un prestanome di B., Cairo meno, e -nonostante i teaser di Abertis, Al Jazeera, Ben Ammar, ecc..- il Biscione può avere possibilità: «Sky. Non dimentichi che c' è anche Sky nella partita, merita un altro discorso a parte..». Intanto torniamo a bomba. Tutto ciò considerato, l'opzione Mediaset su La7 potrebbe non essere semplicemente «un'azione di disturbo». L'azione di disturbo, per capirci, è refrain consolatorio che continuano a ripetere i volti de La7 quando affiora il lemma “Mediaset”. Enrico Mentana annuncia su twitter  che al fantascientifico ritorno dell'ex datore di lavoro se ne andrebbe: «Ne bis in idem, non due volte la stessa cosa» Ci fa perfino sopra l'editoriale del Tg delle 20: «Se Berlusconi torna premier avrebbe il controllo di Mediaset, di gran parte della Rai, come i suoi predecessori, e con La7 controllerebbe tutta l'informazione in chiaro, forse è un po' troppo». L'altra anima de La7, Gad Lerner è meno drastico: «Sarebbe una lesione clamorosa del già scarso pluralismo dell'offerta tv in Italia. Evitiamo psicodrammi: fra gli altri investitori e manager che manifestano interesse per La7 vi sono ottimi professionisti come Urbano Cairo, Claudio Sposito, Marco Bassetti, che in passato hanno lavorato nell'orbita Mediaset, ma non per questo vanno etichettati come prestanome». Praticamente il contrario di quel che afferma il suo amministratore delegato. Ma tant'è. A La7, in quest'arroventato week end, nessuno commenta la cosa: Ruffini, Formigli, Telese hanno i telefoni che squillano a vuoto. Santoro manco a parlarne. In compenso sia i politici che i sindacati si scatenano. Come Paolo Gentiloni del Pd, o Belisario dell'Idv, o l'Fnsi ossia la Cgil dei giornalisti che chiosa: «l'interesse di Mediaset all'acquisto de La7 e delle frequenze di Telecom Italia Media richiama una verità evidente e rimossa: l'assetto delle comunicazioni nel nostro Paese è rimasto esattamente identico a quello garantito per anni dalla presenza di Berlusconi a Palazzo Chigi». E vabbè.  Per Il Fatto Quotidiano, poi, il disegno dietro l'operazione è quasi diabolico: Mediaset, attraverso i suoi “cavalli di Troia”, parteciperà all'asta per ottenere da Telecom la possibilità di “guardare dentro” il gruppo Telecom Italia Group. Dopodiché, si valuterà la possibilità di un'acquisizione, coll'unico fine di smantellare totalmente La 7 come emittente nazionale; acquisire le sue frequenze e utilizzare alcuni asset strategici per il potenziamento delle reti del Biscione. Una roba complicatissima, tipo Gordon Gekko che ha letto Aldo Grasso; se Mediaset avesse davvero geni strategici del genere, magari i bilanci le sorriderebbero di più.  Su un punto tutti d'accordo. Oggi La7, dopo l'ultima campagna acquisti, è una piattaforma che offre tg, talk, approfondimento e intrattenimento di livelli qualitativi assai diversi. Una progressiva trasformazione che al di là d'un innegabile “presidio di libertà” non ha prodotto, per ora, risultati clamorosi sul fronte degli ascolti (share medio 2011: 3,8%), né ha contribuito a migliorare i conti di Ti Media che nel 2011 ha chiuso con perdita di 83 milioni (54,4 milioni nel 2010) e nel primo semestre 2012 ha registrato un «rosso» di 35 milioni, il doppio dei 18,5 milioni persi nello stesso periodo dell'anno passato. In Borsa il titolo Ti Media si muove sui 16 centesimi,  la capitalizzazione è di soli 237 milioni. Indebitamento netto oltre i 200 milioni alla fine del primo semestre. Certo, prima era peggio. Ma è per questo che Generali, tra i principali azionisti Telecom, preme per la vendita. Che non sarà, però, velocissima. «Entro il 31 dicembre? Non ci scommetterei...» dice Stella « Io non credo a una guerra interna tra Patuano e Bermabè, e se c'è non me ne sono accorto. Io credo che Generali voglia vendere perché teme che La7, che io ho risollevato dal baratro, ci ritorni. E non mi faccia dire di più…». Risentiremo er Canaro più tardi. Magari entro il 31 dicembre, hai visto mai...  

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