Gentilini star del cinemaPdl geloso
Il sindaco sceriffo protagonista del film "Duri e puri"
di Alessandro Gonzato Sindaco, alpino, sceriffo e, per la seconda volta, attore. Ad ottantatré anni Giancarlo Gentilini ci riprova e torna al cinema dopo un lustro dalla sua prima e finora unica apparizione sul grande schermo. Ma questa volta, a differenza del 2007, quando il vicesindaco di Treviso aveva interpretato se stesso nel film «Settanta» dello scomparso Mario Curreri, scoppia la polemica. Perché la nuova pellicola, intitolata «Duri e Puri», vincitrice di un concorso riservato ai giovani talenti veneti (presidente della commissione giudicatrice, Carlo Brancaleoni, di Rai Cinema), gode di un finanziamento regionale di 700 mila euro, un esborso frutto di un accordo col Ministero dello Sviluppo Economico e col Dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio. Il film, sceneggiato dal trentacinquenne padovano Pietro Parolin, racconterà la quotidianità di un Veneto non più locomotiva d'Italia, di un imprenditore caduto in disgrazia che con l'aiuto della famiglia proverà a rimettersi in piedi. Insomma, come contenuto niente a che vedere con la pellicola (finanziata con un milione 300 mila euro di soldi pubblici) che lo scorso anno aveva sollevato le proteste di moltissimi veneti, «Cose dell'altro mondo», in cui Diego Abatantuono interpretava un industriale trevigiano razzista. Ma sono comunque in tanti a chiedersi se in un periodo di vacche magrissime i soldi destinati al film «Duri e puri» non potessero essere spesi in altro modo, magari per produzioni destinate alle scuole. Accuse che l'assessore regionale ai Servizi Sociali della Regione Veneto, Remo Sernagiotto (Pdl) - tra i promotori del concorso - respinge al mittente. «Abbiamo voluto premiare la creatività di un giovane artista» dice «perché, ad esempio, investire in documentari vuol dire buttare via soldi inutilmente. Ormai, quelli, non li guarda più nessuno». Dunque Gentilini, non certo per colpa sua, comincerà le riprese tra le polemiche. Cinque anni fa si era divertito un mondo a farsi imbellettare dalle truccatrici e ad esibirsi davanti alla macchina da presa. Aveva stupito tutti per presenza scenica e capacità d'improvvisazione. Il film però si era rivelato un flop. Ora lo «sceriffo» del Carroccio ha una nuova opportunità per mettere in mostra tutte le proprie doti. Anche questa volta Gentilini farà il Gentilini. Celebrerà un matrimonio civile come gli è capitato di fare centinaia di volte dal 1994, anno in cui venne eletto per la prima volta sindaco di Treviso. «In questo ruolo vado a nozze» dice lo «sceriffo», che scoppia in una fragorosa risata. «Ogni settimana mi chiamano da ogni parte d'Italia e d'Europa per sposare coppie di innamorati. Ormai sono diventato un vescovo laico». Non appena si è sparsa la voce di un suo ritorno nelle sale, è stato tempestato di telefonate e di mail. Tutti vogliono conoscere i dettagli. «Perché sono un punto di riferimento» dice, sottolineando che se si fosse trattato di qualsiasi altro amministratore pubblico nessuno ne avrebbe parlato. «Invece Gentilini fa notizia perché è dotato di un eclettismo eccezionale, è uno che trascina le folle e tutti chiedono sempre di lui». Il vicesindaco di Treviso si definisce un attore consumato, «uno che si è formato nella palestra della vita». Un duro e puro, proprio come il titolo del film. Che però tra gli esponenti pidiellini della giunta Zaia non riscuote molti consensi. Il titolo infatti, secondo alcuni, sarebbe troppo leghista. Quindi andrebbe rivisto. A Gentilini invece, che se ne frega delle polemiche e che freme in vista del primo ciak, sta benissimo: «Mi si addice in pieno». Il vescovo laico è pronto a ribucare lo schermo.