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In Libia la primavera araba uccide l'ambasciatore Usa

Il film su Maometto era una scusa: l'attacco rivendicato da Al Qaeda era stato pianificato da tempo. Morti 3 marines. Obama: "Giustizia sarà fatta"

Leonardo Diana
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La follia del fondamentalismo islamico incendia la Libia: l'ambasciatore americano J. Christopher Stevens (nella foto, l'immagine choc pubblicata su Twitter) è stato ucciso insieme a tre marines nel corso dell'assalto al consolato Usa a Bengasi. La scintilla della violenza, si era detto inizialmente, era stata scatenata da un film su Maometto, The innocence of Muslims (L'innocenza dei musulmani), ritenuto blasfemo. La pellicola, prodotta da un gruppo di copti residenti negli Stati Uniti, ritrarrebbe il profeta come un donnaiolo e truffatore. Come riferiva il Wall Street Journal, il film dello scandalo è stato realizzato da un statunitense-israeliano, Sam Bacile, promotore immobiliare 54enne. Dopo le manifestazioni al Cairo, l'uomo ha dichiarato al quotidiano americano: "L'Islam è un cancro". E invece no. La pellicola incriminata, secondo le prime indagini, non sarebbe altro che un pretesto. L'attacco al consolato Usa di Bengasi era "pianificato da Al Qaeda": è quanto ha riferito l'emittente Cnn citando delle fonti americane. Il film su Maometto "era solo un diversivo". Ma la sostanza non cambia: Stevens e i marines sono morti nell'auto con cui cercavano di scappare dall'ambasciata assediata, che è stata letteralmente bruciata. La causa del decesso dell'ambasciatore, secondo i primi rilievi, sarebbe l'intossicazione da fumo.   Guarda il trailer di "L'innocenza dei musulmani": Il video del film-scandalo su LiberoTv Obama: "Giustizia sarà fatta" - Nel pomeriggio è arrivata la reazione di Obama - nel mirino per aver sottovalutato la minaccia, come vi spieghiamo nel resto dell'articolo - che ha definito l'attentato a Bengasi "del tutto ingiustificato, il mondo deve condannarlo con unità".  Barack ha rimarcato che in Libia "sono stati uccisi quattro straordinari americani" e "vogliamo che sia fatta giustizia e giustizia sarà fatta". Il presidente non ha esistato a definire quanto accaduto a Bengasi "un attacco scellerato", ma non vuole la rottura con Tripoli: "Lavoreremo insieme ai libici, gli attacchi non spezzeranno tra i due Paesi, che lotteranno insieme contro questi criminali. Giustizia sarà fatta". Quindi il ricordo dell'ambasciatore ucciso: "E' particolarmente tragico il fatto che Stevens sia stato ucciso a Bengasi, città che ha aiutato a liberare". Obama ha poi sottolineato che sarà "aumentata la sicurezza delle sedi diplomatiche in Libia e in tutto il mondo" e che "il popolo libico combatterà con gli americani contro questi criminali".Sangue in Nord Africa - La notizia, rilanciata dalla tv panaraba al-Jazeera, è stata poi confermata dal ministero dell'Interno libico. Martedì sera si parlava della morte di un non meglio precisato "funzionario americano" ma è chiaro che la notizia della morte di Stevens cambia tutto il panorama. La folle protesta contro il film non riguarda solo la Libia: martedì al Cairo, in Egitto, alcuni dei tremila manifestanti scesi in piazza si erano staccati dal corteo ed erano riusciti a tirare giù la bandiera a stelle e strisce dall'ambasciata americana e a sostituirla con un vessillo inneggiante ad Allah. I protestanti di Bengasi manifestavano contro lo stesso film denunciato in precedenza da migliaia di egiziani, in maggioranza salafiti, che erano già scesi in pazza martedì, proprio nel giorno dell'anniversario degli attacchi dell'11 settembre agli Usa.  Le parole di Al Quaeda - Nel frattempo sui siti vicini ad Al Qaeda si rivendica l'attacco all'ambasciata Usa come "una reazione della milizia Ansar Al-Sharia alla conferma della morte di Abu al-Libi", numero 2 dell'organizzazione terroristica musulmana arrivata martedì da Ayman al Zawahiri. Preoccupazione tre la autorità libiche. L'attacco è "contrario agli insegnamenti dell'Islam" e la Libia farà tutto il necessario per punire i responsabili, ha ricordato il presidente dell'Assemblea nazionale, Mohamed el-Megari. Gli imbarazzi di Obama - Martedì il presidente americano Barack Obama ha preferito ricordare le vittime delle Torri Gemelle ricordando che gli Usa non sono in guerra contro l'Islam ma contro i fondamentalisti. E da ambienti ufficiali è arrivata addirittura la condanna del film sotto accusa, con colpevole sottovalutazione del peso degli incidenti. Il candidato repubblicano Mitt Romney ha accusato per questo Obama, che pare ripetere gli errori commessi da gran parte del mondo occidentale nel 2006. Allora Bengasi s'incendiò contro il ministro Roberto Calderoli, colpevole di aver mostrato in tv una maglietta con una vignetta satirica su Maometto. Anche in quel caso, accusa di blasfemia e follia dei fondamentalisti: nell'assalto all'ambasciata italiana morirono 11 persone. Naturalmente la colpa fu addebitata a Calderoli, che fu costretto a dimettersi. Secondo molti esperti dell'area, il rigurgito islamista di quell'episodio (legato alla pubblicazione nel settembre 2005 di altre celebri vignette satiriche sul giornale danese Jyllands-Posten) segnò l'inizio dell'insurrezione anti-Gheddafi, il Colonnello che ha imbavagliato fino allo scorso ottobre ogni tipo di fondamentalismo religioso. Che ora, libero, si arma e alza la voce: è il frutto amaro (ma prevedibile) della primavera araba, che l'ambasciatore Stevens sul sito ufficiale della diplomazia Usa definiva "periodo di cambiamento e speranza" per la Libia. Sono fortunato a parteciparvi". Mai come oggi queste parole suonano beffarde.      

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