Borsellino fu assassinato dopo i "no" alla dissociazione
Secondo il pentito Gaspare Mutolo il giudice pagò con la vita la sua contrarietà al trattamento di favore per i boss mafiosi latitanti
"«È una pazzia!» sbotta e perde la calma, appena accesa l'ennesima sigaretta, Paolo Borsellino. Succede in uno degli interrogatori del nuovo collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo. Si svolgono dal primo al 16 luglio del '92, nella sede dell'appena nata Dia (Direzione investigativa antimafia), a Roma. Mutolo è un pentito, un ex uomo d'onore, fondamentale: aveva già confidato prima a Falcone e poi a Borsellino che il magistrato Domenico Signorino e lo “sbirro” Bruno Contrada, numero tre del Sisde, erano collusi con la Piovra. Dopo la strage di Capaci è stato sentito una volta da Pier Luigi Vigna e ha chiesto espressamente di consegnare la sua confessione a Borsellino «perché ci capisce di mafia»", spiega Pierangelo Maurizio su Libero in edicola oggi. E a distanza di anni lo stesso Mutolo racconta come è andata nella strage di Via D'Amelio: Borsellino fu assassinato dopo i "no" alla dissociazione. Secondo il pentito, il giudice avrebbe pagato con la vita la sua contrarietà al trattamento di favore per i boss mafiosi latitanti. Leggi l'approfondimento su Libero in edicola oggi, martedì 11 settembre