Pd, primarie il 25 novembre col doppio turno
Rutelli lascia il centro e si allea col centrosinistra
di Elisa Calessi Da Reggio Emilia a Forlì, da Prato a Livorno, passando per Perugia e dintorni. Il terremoto che Matteo Renzi sta provocando nel Partito democratico si misura proprio lì, nelle regioni rosse. In Emilia Romagna, in Toscana, in Umbria, nelle zone che dovrebbero essere i baluardi di Pier Luigi Bersani, si sta registrando un piccolo, grande smottamento. Lo ha visto chi è stato alla festa nazionale di Reggio Emilia, dove c'era gente in piedi venuta ad ascoltare Renzi, contro la platea semi-vuota di molti altri incontri. Ma è stato lo stesso a Ravenna, a Forlì, a Ferrara, a Modena. O a Prato, roccaforte dalemiana, dove il sindaco di Firenze ha attirato duemila persone, «che non c'erano neanche per D'Alema», ammettono i democratici di lì. O a Livorno, dove sotto un tendone infuocato, alle sei del pomeriggio, sono accorsi in più di mille. I bersaniani minimizzano: «Piazze piene urne vuote». In realtà le platee emiliane hanno preoccupato non poco i vertici democratici. Tanto che alcuni giorni fa un autorevole dirigente del Pd confessava, in Transatlantico: «Bersani rischia di perdere proprio in casa sua». Il fatto è che Renzi, nelle regioni rosse, non solo riempie le piazze (e non sarebbe poco, visto che molti big non riescono a fare nemmeno questo). Sta ingrossando le fila di sindaci, di assessori, di consiglieri. Che vuole dire voti. E proprio lì, nel cuore del potere bersaniano. L'Emilia Romagna Significativo è quello che sta accadendo in Emilia Romagna, terra di Bersani e di Dario Franceschini. La campagna del rottamatore non è ancora iniziata, ma la mappa comincia a riempirsi di bandierine, nonostante tutti i vertici locali siano schierati con Bersani. Dopo Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza e ora capo della campagna per le primarie, e Matteo Richetti, presidente del consiglio regionale tra i primi a seguire Renzi, sta per passare con lui anche l'ex francesciniano Graziano Del Rio, presidente dell'Anci e sindaco di Reggio Emilia. Sono già nella squadra, invece, Domenico Zoffoli e Beppe Pagani, entrambi consiglieri regionali, alle ultime primarie supporter di Franceschini, due consiglieri comunali di Bologna, Benedetto Zacchiroli, che si era candidato alle primarie per il sindaco, e Francesco Errani, e il consigliere provinciale Giovanni Maria Mazzanti. In provincia di Bologna stanno con Renzi il sindaco di Castenaso, Stefano Sermenghi, e quello di Malalbergo, Massimiliano Vogli. Nel piacentino ha dalla sua uno stuolo di sindaci (quello di Travo, di Grossolengo, di Vigolzone, di Pontenure, di Rivergaro, di Vernasca, di Podenzano, di Fiorenzuola). Nel modenese molto vicino al primo cittadino di Firenze è quello del comune terremotato di Finale Emilia, Fernando Ferioli, con cui il primo cittadino di Firenze “Matteo” ha stretto un gemellaggio e lunedì andrà per firmare un protocollo. A Formigine, può contare sul'assessore Maria Costi e a Modena su due consiglieri comunali: Fabio Rossi e Stefano Rimini. A Parma su Agostino Maggi, assessore provinciale, e su Alessandra Cardinale, assessore a Borgo Val di Taro, comune del parmense. A Ferrara renziani doc sono Luigi Marattin, assessore al Bilancio, e Simone Merli, capogruppo in consiglio comunale del Pd. A Rimini stanno con lui due consiglieri comunali: Samuele Zerbini e Mattia Morolli. A Faenza il sindaco Giovanni Malpezzi, che vinse le primarie da outsider contro il candidato del partito e Manuela Rontini, consigliere comunale che fa da punto di riferimento per la Romagna. La spiegazione è proprio nel “potere” che regge, da mezzo secolo, questa regione. «È da anni», dice una renziana di lì, «che c'è un'insofferenza e una esigenza di rinnovamento, ignorata dai vertici del partito. Ora Matteo sta raccogliendo questa spinta. E siamo solo all'inizio. Quest'onda aumenterà». La Toscana e l'Umbria L'alta marea renziana si è fatta sentire in Toscana, nonostante tutti i vertici del Pd, a partire da Enrico Rossi, stiano con Bersani. Con Renzi si sono schierati il sindaco di Scandicci, Simone Gheri, ex Ds, quello di Borgo San Lorenzo, Lorenzo Giovanni Bettarini, ex Margherita, il sindaco di Figline Valdarno, Riccardo Nocentini, ex Ds, il primo cittadino di Reggello, Cristano Benucci, ex Margherita, quello di Vinci, Dario Parrini, ex Ds. Alcuni sindaci in Versilia e, nel senese, quello di Monteriggioni, Bruno Valentini. Per il resto, Renzi può contare su due consiglieri regionali e, per quanto riguarda le federazioni, solo sul giovane segretario di Empoli, Brenda Barnini. Infine c'è l'Umbria, altra terra dalemian-bersaniana. Con Renzi ci sono il presidente della provincia di Perugia, Vinicio Guasticchi, e il sindaco di Umbertiade, Giampiero Giulietti. Dpppio turno Per questo al Nazareno si sta correndo ai ripari. L'ultima idea è di introdurre il doppio turno alle primarie. In questo modo, nel secondo round i perdenti, Nichi Vendola e Bruno Tabacci, faranno convergere i loro voti sul segretario. Sarebbe un pacchetto del 25-30%. Abbastanza per stendere il rottamatore, schiacciato da una gara Renzi contro il resto del mondo. Sempre che non si riveli un boomerang. Secondo alcuni, infatti, il one-to-one rischia di favorire il sindaco. «Con il doppio turno», è convinto Mario Adinolfi, Matteo stravince, perché il voto si polarizza». Certo è che nelle pieghe delle regole si giocherà la prima, grande battaglia.