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La pazza idea di Vendolalasciar vincere Bersani

Nichi dice addio alle primarie?

Andrea Tempestini
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    di Elisa Calessi La possibilità esiste. Anche se per ora Nichi Vendola non ha preso alcuna decisione e, se mai, la annuncerà proprio alla fine. Ma l'idea di ritirarsi dalla sfida delle primarie è stata messa nel conto dal leader di Sinistra e libertà. Il quale, da attento conoscitore degli umori del popolo del centrosinistra, si è accorto che il “ciclone” Renzi non è così innocuo come il gruppo dirigente del Pd finge che sia. Per questo, con i più stretti collaboratori, ha preso in considerazione l'ipotesi del ritiro.   Per due ragioni. La prima è che la sfida si sta polarizzando tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. E sarà sempre di più così. Il che, come del resto segnalano i sondaggi, rischia di relegarlo dietro a entrambi. E a distanza. Perché se la gara si fa dura, scatterà anche il “voto utile”. Vendola, che puntava a raccogliere voti nel Pd, rischia di ritrovarsi solo con il consenso di Sel. E non gli conviene, se poi diventa il parametro per dividersi le candidature. Oltretutto il sindaco-rottamatore gli ha “rubato” anche il tema del cambiamento. Chi vuole facce nuove, voterà Renzi. C'è poi un'altra ragione, più strategica e forse più importante. Vendola ha stretto un patto con Bersani. Se dovesse vincere Renzi, non sarebbe semplice far digerire ai suoi un'alleanza con un partito guidato dal sindaco di Firenze. E un sondaggio dell'Istituto guidato da Nicola Piepoli per la prima volta dà il sindaco in testa fra gli elettori del centro sinistra (Renzi 35%, Bersani 27%) mentre tra gli elettori del Pd risultano pari al 32%. Se tra i due si profilasse un testa a testa, lo stesso Vendola avrebbe interesse a dar una mano al segretario del Pd. E il modo migliore è sfilarsi dalla corsa, facendo convergere i suoi voti su “Pier Luigi”.  Non sarebbe difficile motivare questa scelta. Potrebbe sostenere che ormai le primarie sono diventate un congresso interno al Pd, quindi hanno perso di senso. Tanto più se dovesse essere modificata la legge elettorale e si introducesse il premio al partito. A quel punto, se non si prevedono le coalizione, ma un listone Pd-Sel, che senso hanno le primarie di coalizione? Oppure potrebbe dire di farlo per salvare il centrosinistra e la prospettiva di «una grande sinistra». Progetto, dirà, che può portare avanti solo Bersani. Da qui il beau geste. Una scelta che, si ragiona nel Pd, perché anche lì è arrivata questa voce, metterebbe in difficoltà il sindaco di Firenze. Lo scontro, infatti, diventerebbe centrosinistra vs. Renzi.   Naturalmente l'entourage di Vendola smentisce. Ma dentro Sel si ammette che l'idea c'è. «Non è affatto impossibile», conferma un dirigente del partito che siede negli organismi direttivi. «Nichi non vuole essere un vaso di coccio tra Renzi e Bersani, ma il rischio è quello. Per questo, alla fine, potrebbe valutare di ritirarsi». Intanto, nel Pd, si profila uno scontro sulle regole delle primarie. Ieri Massimo D'Alema, in un'intervista al Corriere della Sera, ha proposto di istituire un albo degli iscritti. Per cui, per votare, bisogna iscriversi alcuni giorni prima. Ed è un'idea sostenuta da molti parlamentari, anche se Bersani per ora dice di volere «primarie aperte». Per Mario Adinolfi, deputato del Pd, è un modo per azzoppare Renzi: «Io ho partecipato da candidato alle primarie 2007, ce ne sono state altre due e mai è  stato istituito l'albo. Come mai adesso diventa improvvisamente necessario per D'Alema? È chiaro che è un modo per limitare la forza di Renzi».    

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