Italiani tartassati dalle accise: benzina meno cara pure a Saint Tropez
Boom di sovratasse negli ultimi due anni, abbiamo la verde più costosa d'Europa
di Antonio Castro Se anche dai benzinai della Costa Azzurra si risparmia vuole dire proprio che il mondo s'è rovesciato. Tra prezzi del greggio che salgono e accise che rincarano c'è solo da scappare nel paradiso terrestre incuneato tra Nizza e Montecarlo per trovare la salvezza. Almeno dal rincaro dei carburanti. Basta dare uno sguardo veloce a queste foto - inviateci ieri da un nostro lettore - per rendersene conto. Anche nell'ultimo baluardo della bella vita la benzina e il gasolio costano meno che in Italia. A spanne dai 30 ai 40 centesimi in meno. Praticamente attraversato il confine si risparmia abbastanza da riportare indietro la lancetta all'agosto del 2011 quando anche da noi un litro di verde senza piombo costava intorno a 1,6 euro. Oggi che la senza piombo veleggia pericolosamente sul crinale dei 2 euro al litro, constatare che anche nella ricca costiera francese si spende di meno fa infuriare. E si torna a smoccolare contro le accise super (da record) che paghiamo: dalla guerra di Abissinia in poi. Certo negli ultimi 18 mesi i nostri politici (e tecnici) si sono impegnati non poco per varare a tappe forzate ben 6 aumenti delle imposte. Complice poi l'effetto moltiplicatore dell'incremetino dell'Iva (dal 20 al 21%), siamo arrivati a pagare il carburante quasi il doppio di un litro di latte, come ricorda la Coldiretti. Una corsa all'aumento partita nell'aprile del 2011 con un +0,0073 euro per finanziamento il Fondo unico dello Spettacolo (Fus). A giugno - con un ritocchino di +0,0400 euro - si è trovata la copertura per l'emergenza immigrati. Neppure qualche settimana più tardi - e siamo così al luglio scorso - da Palazzo Chigi arrivò il rialzo: altri 0,0019 euro in più sempre per finanziare più generosamente l'immancabile Fus. Le calamità non ci aiutano: pochi quattrini spesi per la prevenzione, scarsa fantasia nel reperire risorse. E così quando il 1 novembre l'alluvione sconvolse Liguria e Toscana si scelse di aumentare nuovamente le imposte sui carburanti di 0,0089 euro. Con tecnici al posto di Giulio Tremonti la musica non cambia: il 6 dicembre il prelievo dal portafoglio degli automobilisti aumenta di altri 0,0820 euro per dare copertura finanziaria al Salva Italia 2012. Forse qualcuno se ne sarà scordato - complice anche un momentaneo calo delle quotazioni del greggio - ma lo sorso 8 giugno il governo finanziò la ricostruzione imponendo un altro prelievo di +0,0200 euro per il terremoto in Emilia Romagna. Ultimo aumento lo scorso 11 agosto: altri +0,0042 euro per assicurare un bonus ai gestori e rifinanziare gli interventi del terremoto in Abruzzo. A tirare le somme c'è da farsi girare la testa. Anche perché nell'autunno scorso - non contenti - si è anche proceduto a ritoccare di un punto l'Iva. Una leva che ha un effetto moltiplicatore sulle accise e sul prezzo finale. E siamo a Ferragosto, tre giorni fa. Chi è potuto sfuggire alla canicola metropolitana si è scottato nel fare il pieno. Anche a Capri - l'isola della bella borghesia e dei turisti danarosi - c'è chi storce il naso vedendo il prezzo della verde che ha ormai superato i 2 euro di qualche centesimo. Ritocchini che alla fine di 20 mesi, messi in colonna, si trasformano in un rialzo complessivo di +0,42 centesimi al litro per la benzina e in circa 0,51 centesimi al litro per il diesel. Basta scorrere le statistiche europee (che però non tengono conto del ritocchino italiano di agosto), per scoprire che siamo in pole position nel Vecchio Continente per il prezzo dei carburanti. Un record che ci saremmo volentieri risparmiato. L'ex sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, che per anni ha tenuto la delega all'energia, chiede di accelerare sulla riforma del settore. Meno impianti, più servizi al distributore (non oil), una profonda «razionalizzazione delle rete, 100% self e iperself, gratuità della carta elettronica sono strumenti adottabili entro Natale», assicura Saglia che chiede al governo di convocare «le Regioni per attuare un piano che può portare da 24 mila a 16 mila il numero dei distributori contenendo i costi della logistica e allineando l'Italia agli standard Ue». Sempre che il prossimo esecutivo non aumenti le accise. Di nuovo.