Pussy Riot, ha vinto PutinCondannate a due anni di carcere
Arrestasto il campione di scacchi Kasparov che manifestava per chiedere la liberazione delle ragazze punk. Lo sdegno della Merkel: "Quello di Mosca è un giudizio che va contro i valori europei"
Due anni di carcere per le Pussy Riot: il tribunale di Mosca ha condannato le tre ragazze della band punk russa diventate il simbolo del dissenso contro il presidente russo Vladimir Putin. Nadejda Tolokonnikova (22 anni), Ekaterina Samutsevich (30) e Maria Alekina (24) sono state giudicate "colpevoli di teppismo a sfondo religioso" per l'esibizione nell cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, lo scorso 21 febbraio, durante la quale chiesero alla Madonna di cacciare dal potere Putin. Un'esibizione, secondo il giudice Marina Syrova, "attentamente pianificata". "Le imputate erano consapevoli della natura offensiva delle loro azioni e del loro aspetto - ha motivato la sentenza il magistrato -, la loro intenzione era attirare l'attenzione del pubblico con una vasta risonanza, offendendo non soltanto i dipendenti della cattedrale ma anche l'intera società". Le giovani rischiavano 7 anni, per loro l'accusa aveva chiesto 3 anni. Immediate le reazioni interne ed estere, con l'opinione internazionale schierata in difesa delle Pussy Riot: in gioco, si ribadisce, c'è la solidità della già traballante democrazia russa. E fuori dal tribunale di Mosca subito incidenti: due dei più noti oppositori di Putin, Sergei Udaltsov e l'ex campione di scacchi Gary Kasparov, sono stati arrestati durante le proteste. Kasparov è stato rilasciato oggi, ma lunedì sarà sottoposto ad un interrogatorio. Solidarietà dalla Merkel - Ma non è stato solo il campione di scacchi a metterci la faccia per le tre ragazze punk. Star della musica, manifestanti inneggianti alla fine del pugno duro di Putin ma anche gran parte dei governi occidentali, la cancelliera tedesca Angela Merkel in testa: sono numerosi e di primo piano gli 'alleati' delle tre cantanti delle Pussy Riot, condannate a due anni di carcere per aver interpretato il 21 febbraio scorso una preghiera anti-Putin nella Cattedrale di Mosca. Da New York a Parigi, in centinaia sono scesi in piazza per chiedere la liberazione della band russa, mentre nel pomeriggio, una volta emessa la sentenza, anche Ue e Usa hanno preso le distanze, con la Merkel in prima fila: per la cancelliera, quello di Mosca è un giudizio che va contro i valori europei. Annunciata in pompa magna via web, la giornata dei cortei per la liberazione delle Pussy Riot e' scattata questa mattina, a poche ore dalla sentenza. Oltre che a Mosca, teatro delle proteste più ampie, in almeno 30 città del mondo gruppi di manifestanti sono scesi in strada per esprimere la propria solidarietà. A Parigi, in 500 hanno invaso la piazza Igor Stravinsky al grido 'Siamo tutti Pussy Riot' mentre a Londra, davanti al Royal Court Theatre, e' stata messa in scena una piece dal titolo 'Pussy Riot, il verdetto finale'. E presidi sono stati organizzati anche a Barcellona, Madrid, Bruxelles, Sofia, Budapest e Milano (nella centralissima via Dante). A Kiev non e' mancata l'ultima provocazione del gruppo femminista 'Femen', che a seno nudo e armate di motosega ha tagliato una croce eretta in memoria delle vittime dello stalinismo. A New York, infine, una marcia di protesta verso il consolato russo è scattata subito dopo la lettura della sentenza mentre in un hotel di Manhattan, diversi volti noti, tra i quali l'attrice Chloé Sevigny, hanno partecipato a reading di solidarietà per la band, alla quale anche Yoko Ono ha inviato una lettera aperta di sostegno. Del resto, sono settimane che le Pussy Riot hanno conquistato l'appoggio dei big della musica mondiale, da Sting a Bjork, da Vasco Rossi a Paul McCartney. Madonna, nel suo concerto del 7 agosto allo stadio di Mosca, spezzò una lancia a loro favore davanti a 80mila spettatori mentre la cantante Peaches due giorni fa ha pubblicato sul web un video in cui si chiede il linciaggio dello "stregone" Putin. Ma il sostegno alle Pussy Riot ha ormai oltrepassato i confini della musica. Ue, Usa, Gran Bretagna e Francia hanno giudicato "eccessiva" la sentenza. Ancora più dura Angela Merkel, secondo la quale il giudizio "non è in linea con i valori europei dello Stato di diritto e della democrazia che lo Russia riconosce". Una Russia dalla quale gran parte dell'Occidente ha voluto prendere le distanze. "Blasfeme e insultanti" - Secondo il giudice, le Pussy Riot hanno suonato una canzone "blasfema, insultante, commettendo una grave violazione dell'ordine pubblico e mostrando mancanza di rispetto per la società". Non sono servite quindi le manifestazioni in diverse città di tutto il mondo e la mobilitazione di personaggi del mondo della musica e dello spettacolo, compresa la popstar Madonna. "La nostra detenzione è un chiaro e distinto segnale che si sta privando della libertà l'intero Paese", aveva scritto la Tolokonnikova in una lettera scritta dal carcere e diffusa su internet prima del verdetto. Prima della sentenza - Poche ore prima della sentenza, la leader del trio, Nadia Tolokonnikova aveva espresso tutta la sua soddisfazione: "Qualunque sia il verdetto, noi e voi stiamo vincendo. Perché‚ abbiamo imparato ad essere arrabbiati e a dirlo politicamente". La Tolokonnikova, considerata la mente delle Pussy Riot, ha scritto una lettera ai suoi sostenitori, diffusa dagli avvocati della difesa e pubblicata sul sito della radio Eco di Mosca. Nadia, che accusa il sistema del suo paese, ha dichiarato: "La nostra detenzione è un segno chiaro e distinto che la libertà è stata sottratta a tutti noi". Secondo la cantante, la Russia soffre di un "male politico": la minaccia è "la distruzione della libertà e delle forze di emancipazione del paese".