"Cari assicuratori, vergognateviE risarcite le ragazze sfregiate"
Le loro ustioni non sono solo un "danno estetico": queste ragazze vanno riportate alla normalità
di Selvaggia Lucarelli Veronica, Selena, Anna, Vanessa, Alessandra, Sabrina, Azzurra. Chiamiamole per nome, anziché «le studentesse di Brindisi», quelle sfortunate, giovani ragazze che la mattina del 19 maggio sono state investite da schegge feroci e da un'onda termica che in una frazione di secondo ha cotto la loro pelle come quella di una patata nell'acqua bollente. Perdonate la brutalità, ma oggi è un giorno in cui è importante dare il giusto nome alle persone. E alle cose. A quelle povere ragazze e all'orrore spaventoso a cui sono sopravvissute. Non che ieri contasse meno farlo, ma il dramma, quando tocca vite così giovani e ha risvolti tanto disumani, ha bisogno di cronache sfumate. Quando però quel dramma affoga nell'ingiustizia, un'ingiustizia enorme che si sta consumando a neanche tre mesi da quel tragico evento, c'è bisogno di crudezza. L'assicurazione della scuola Morvillo non risarcirà Veronica, Selena, Anna, Vanessa, Alessandra, Sabrina e Azzurra perchè le ustioni sono un danno estetico, non funzionale. Se non c'è menomazione, non c'è risarcimento. Lo ha comunicato l'avvocato delle famiglie delle ragazze Mauro Resta, con l'aria tra lo stupito e il rassegnato di chi sa che nei contratti con le assicurazioni non ci sono asterischi a cui appellarsi. E invece c'è molto a cui appellarsi, perché questo epilogo grida vendetta con la stessa forza e la stessa disperazione con cui gridavano aiuto Veronica e le sue amiche quella mattina in cui la loro carne bruciava tra pozzanghere di sangue e zainetti calpestati. E mi appellerò a quello che era il discorso iniziale: l'importanza di dare giusto nome alle cose. L'ustione che deturpa il corpo e la faccia di quelle ragazze non è solo un danno estetico. È infinitamente di più. Ed è qualcosa che ha a che fare eccome con la menomazione, a meno che non si abbia un vocabolario e una sensibilità così primitivi da includere nel concetto di «menomazione» solo la mancanza del braccio che ti permette di guidare la macchina o di lavorare in fabbrica. C'è un'adolescenza, menomata, in questa storia. E non solo perchè ci sono tante giovani ragazze che hanno conosciuto la morte nel modo più assurdo e infame, arrivando a sfiorare la propria e assistendo a quella di un'amica nel luogo in cui ci si dovrebbe affacciare alla vita futura. Non solo perché mentre il resto delle adolescenti continua a pensare che si muoia solo per amore, loro sanno prematuramente che la morte ha talvolta mandanti meno nobili, ma perchè quel dolore le ha marchiate, oltre che nell'animo, anche nella loro bellezza più sacra, che è quella della grazia, della giovinezza. Grazia, non «spensieratezza», perché l'adolescenza è tutto fuorché un'età spensierata. È un'età in cui lo specchio può essere un nemico spietato, castrante. In cui un banale difetto estetico può diventare il perno di un'infelicità passeggera o devastante, in cui ci si confronta con certe bellezze al limite della scorrettezza, in cui per un brufolo ci si barrica in casa come sotto bombardamento aereo. Ecco. "Semplice" danno estetico Perfino un brufolo è vissuto come una menomazione, a quell'età. Provassero a immaginare, i signori dell'assicurazione, a un'adolescente che anziché avere a che fare con un brufolo, fa i conti con un'ustione sulla faccia. Una ragazza, per giunta. Con le sue insicurezze, con l'identità che è un bozzolo fragile, con il primo amore da cui forse non si ha più voglia di farsi vedere finchè la pelle non tornerà quella di prima, col costume da mettere al mare, con gli sguardi da incrociare sull'autobus per andare a scuola. C'è un mondo di cose che non sono ancora, nell'adolescenza, ma che diventeranno. Un mondo di normalità e complessità menomate, in questa storia, perché quella triste mattina sono stati attivati due timer: quello che ha fatto esplodere la bomba e quello che ha congelato la giovinezza di Veronica. Di Selena. Delle altre. Le cui ustioni, sono per l'assicurazione, un semplice danno estetico. Viene quasi da sorridere. Trattate come se fossero state danneggiate dal botox o da un acido glicolico un po' troppo corrosivo. Come fossero una Nina Moric qualunque che si lamenta per lo zigomo troppo sporgente o il labbro deforme. Come se ad esplodere fosse stata la tetta di silicone su un aereo e non una bombola di gas davanti a una scuola. Come se quelle pomate costosissime che servono a curare le ustioni e che sono classificate come «estetiche» e non terapeutiche, fossero Topexan o Creme de la mer, il capriccio per togliere un brufolo o le zampe di gallina. Con questo ragionamento, anche le donne afgane sfigurate con l'acido hanno solo un problema estetico. I trascurabili effetti collaterali di deturpazioni simili, e cioè la mortificazione della femminilità, della socialità, il trauma, le paure e le sofferenze fisiche e psichiche, sono capricci alla Valeria Marini, mica menomazioni. E allora, gentili signori dell'assicurazione, vi chiedo dalle colonne del mio giornale che tanto ha fatto per queste ragazze, di dare questo benedetto giusto nome alle cose. Chiedetevi da dove arrivano, quelle ustioni e se è giusto chiedersi solo quanti strati di pelle hanno bruciato e non quanta anima, quanto presente, quanto futuro. Girando un purè, ci si può procurare un danno estetico. Saltando in aria a sedici anni davanti a una scuola, mentre parli del compito in classe o guardi con la coda dell'occhio il ragazzo che ti piace, è l'adolescenza a detonare. Chiedetevi che prezzo pagheranno Veronica e le altre per tutto questo e ricordate che è un prezzo infinitamente più basso di quello che costerebbe a voi un risarcimento, che non sarebbe solo equo, ma anche e soprattutto, umano. Lo so che ci sono contratti, regole, clausole, asterischi, ma sarebbe bello che quel contratto oggi bruciasse come bruciavano i quaderni di quelle ragazze e se ne riscrivesse uno più giusto. Ho letto da qualche parte che forse ritornerete sui vostri passi. Ecco. Mi auguro sia davvero così. Sarebbe bello che ci regalaste, per un attimo, quello che la bomba ha portato via a Veronica, Azzurra, Anna, Selena, Alessandra, Sabrina Vanessa quella mattina: la fiducia. L'idea che il mondo sia anche e soprattutto, dei buoni.