Le trame del professor Montiper zittire Bankitalia
Furiosa telefonata del premier: vuole censurare un ex dipendente che scrive articoli scomodi sulle mosse intorno al capitale della banca centrale
di Franco Bechis Il presidente del Consiglio Mario Monti ha cercato di mettere il bavaglio alla Banca d'Italia, furioso per critiche a mezzo stampa che il premier riteneva ispirate dalla banca centrale. Il clamoroso episodio è stato rivelato ieri da Paolo Panerai nel suo editoriale «Orsi e Tori» apparso sul settimanale Milano Finanza e sul quotidiano Italia Oggi. A scatenare la rabbia del premier sarebbe stato un articolo critico nei confronti del governo apparso su MF e scritto da un autorevole dirigente della Banca d'Italia in pensione ormai da sei anni: Angelo De Mattia. La critica (non era la prima ad atti dell'esecutivo) era in questo caso all'atteggiamento del governo di fronte a una normale vicenda parlamentare. Un senatore del Pdl, Luigi Grillo, aveva infatti presentato un emendamento alla spending review per interpretare definitivamente una norma contenuta nella legge sul risparmio del 2005. Era l'epoca del braccio di ferro fra il ministero dell'Economia e la Banca d'Italia guidata da Antonio Fazio. Fu deciso il mandato a termine del governatore e ipotizzato anche un diverso assetto proprietario della Banca d'Italia. La scelta fu fatta sulla base di uno studio commissionato da Giulio Tremonti a Francesco Galgano. Poi Tremonti fu dimissionato dal ministero e la norma di legge fu presentata con un emendamento dal suo successore, Domenico Siniscalco. Si stabiliva che con un decreto da adottare entro tre anni il capitale della Banca d'Italia sarebbe passato dalle casse di risparmio che lo detengono al Tesoro, che ne sarebbe divenuto proprietario. Ci furono polemiche sull'autonomia della banca centrale e sull'esproprio della quota alle stesse casse di risparmio, per cui non veniva stabilito nemmeno un minimo di indennizzo. La stessa banca centrale all'epoca di Mario Draghi sollevò in due occasioni apertamente il problema. Il decreto - secondo la più classica soluzione all'italiana - non fu mai presentato e l'azionariato della banca centrale è restato quello che era. La legge però è ancora in vigore, e quella incertezza sul proprio futuro e sull'eventuale passaggio fra le partecipazioni del governo, qualche lesione all'autonomia di Banca d'Italia provoca. L'emendamento Grillo, che all'inizio sembrava condiviso da tutta la commissione, semplicemente chiariva che non essendo stato adottato entro i tre anni previsti quel decreto, la norma sul passaggio di Bankitalia al Tesoro si doveva considerare decaduta. Un chiarimento utile per la spending review, perché prima o poi per quel passaggio sarebbe stato necessario stabilire un prezzo anche per evitare sicuri ricorsi davanti alla Corte costituzionale. Il sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo, aveva dato informalmente un primo ok all'emendamento. Poi è arrivato in commissione il capo del legislativo delle Finanze e ha detto no a nome del ministro, Vittorio Grilli, senza dare alcun tipo di spiegazione. De Mattia ha commentato criticamente quel che era accaduto, riferendosi anche al premier: «Monti si dia una mossa», ha scritto, «e decida chi deve essere azionista della Banca d'Italia». Il premier non l'ha presa affatto bene, e con un gesto clamoroso che in altre epoche avrebbe sollevato l'intera stampa italiana a difesa dell'autonomia della banca centrale, ha protestato con rude vivacità con la Banca d'Italia. Secondo quanto risulta a Libero la telefonata furiosa è stata fatta al direttore generale dell'istituto di via Nazionale, Fabrizio Saccomanni. E la conseguenza sembra sia stata una richiesta della banca centrale a De Mattia di non scrivere più di argomenti che possano riguardare Tesoro e governo, perché la sua opinione personale verrebbe erroneamente scambiata con quella della Banca d'Italia, che ne subirebbe le conseguenze. Essendo garantita dalla Costituzione italiana la libertà di pensiero e di espressione - perfino quando è sgradita a Monti o ai ministri del suo governo - De Mattia non si è adeguato nemmeno per un istante, inviando a Milano Finanza una semplice lettera per ribadire ciò che dovrebbe essere lapalissiano: chi scrive è responsabile di ciò che scrive che non è attribuibile a nessun altro. Essendo in pensione da sei anni, De Mattia ha la libertà di qualsiasi cittadino di criticare Monti senza coinvolgere né dovere chiedere il permesso alla banca per cui ha lavorato 40 anni. Resta il clamoroso intervento a gamba tesa di un premier che pure aveva predicato in mille occasioni la libertà e l'autonomia della banca centrale. Limitata evidentemente all'obbedienza all'esecutivo da lui guidato...