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Germania declassatala vendetta sulla Merkel

Lucia Esposito
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  Anche sulla Germania si abbatte la scure del giudizio di  Moody's che ha peggiorato da stabile a negativo l'outlook sul rating AAA di Germania, Olanda e Lussemburgo. Confermato invece a stabile quello sulla tripla A della Finlandia. Secondo l'agenzia di rating sulle prospettive dei quattro Paesi pesa "la crescente incertezza sugli esiti della crisi del debito nell'area dell'euro considerato l'attuale quadro politico e l'aumentata sensibilità all'eventuale rischio che deriverebbe dalla sempre più probabile uscita della Grecia dall'Eurozona, incluso l'impatto che tale evento avrebbe sui Paesi membri dell'area euro, in particolare Spagna e Italia". Per Moody's, inoltre, "anche se tale evento fosse evitato, c'è una sempre maggiore probabilità che venga richiesto ampio sostegno per altri debiti sovrani dell'area euro, in particolare Spagna e Italia. E, data la maggiore capacità di assorbire i costi legati a questo sostegno, il peso cadrebbe probabilmente più pesantemente sugli Stati membri dal rating più alto se l'area dell'euro dovrà essere preservata nella sua attuale forma".  Ma la Germania non ci sta a subire la mazzata di Moody's.  WLa Germania continua a esercitare il suo ruolo di ancora di stabilità della zona euro", ha detto  il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble che ha aggiunto:: "La Germania lavorerà con i suoi partner per superare il più rapidamente possibile la crisi del debito europeo".    Leggi il commento di Ugo Bertone Clamoroso in Piazza Affari: Milano -2,76% batte Francoforte -3,17%.  La Borsa italiana, a dire il vero, si limita a perdere meno di quella della grande Germania come nessuno si sarebbe spinto a prevedere all'ora di colazione quando la Consob italiana, al pari di quella spagnola, ha introdotto il divieto di vendite allo scoperto per banche ed assicurazioni. Da quel momento l'indice di Piazza Affari  ha recuperato più di metà del cammino perduto in mattinata, quando le perdite avevano raggiunto il 5 per cento.  Una conferma eloquente di quel che era facile sospettare: dietro le vendite a manetta dei titoli finanziari italiani c'era la mano della speculazione.  La prospettiva di trovarsi “scoperti” (cioè senza titoli da consegnare) ha costretto gli operatori a comprare in fretta e furia, favorendo così il rimbalzo clamoroso  di Monte Paschi (da -5% a +4,01%) o quello di  Unicredit (- 0,16% dopo esser sceso di 6 punti percentuali) piuttosto che di  Intesa -1,76% , in mattinata  vendute senza pietà  fino a-7%.  Bersaglio grosso  Ma  la vera novità, quella che spiega gli umori dei mercati, , sta in quello che è successo da quel momento in poi. Lasciate da parte Piazza Affari e Madrid, gli speculatori hanno cominciato a bersagliare, dalle 14 in poi,  la Borsa di Francoforte che ha chiuso, grande smacco, con la stessa perdita di Madrid, il vaso di coccio della crisi.  Attenzione, l'orario non è un dettaglio: le vendite sul listino tedesco sono cominciate quando Wall Street ha aperto i battenti. Ovvero, la finanza americana, ormai punta al bersaglio grosso: in ballo non c'è più solo Atene o la stessa Madrid, in ginocchio. E nemmeno l'Italia, che di sicuro tra un'Imu e qualche altro balzello non riprenderà a crescere di sicuro, bensì la tenuta della stessa area euro, se non dell'Unione Europea, ovvero quella costruzione su cui si fa perno l'intera politica di Berlino. È questo  uno dei segnali che  i mercati finanziari hanno inviato alle istituzioni internazionali ed alle autorità politica, che sembrano aver perduto il controllo della situazione, davvero inquietante, per più di una ragione. a) Innanzitutto è allarme rosso sullo spread. Non solo la forbice tra Btp e Bund ha toccato 523,  rendimento 6,31%, ad un passo dai massimi assoluti di novembre. Ma non sono mancati dati che, agli occhi degli esperti sono ancora più drammatici. Peggiora, infatti, il rendimento  delle scadenze più brevi, tipo il Btp a due anni (spread a 444 punti), pessima notizia per il Tesoro italiano che punta a finanziarsi, a fronte della tempesta, con titoli più a breve. b) In attesa delle aste italiane (dal 26 al 30 luglio) e spagnole (domani titoli a 3 e 6 mesi) la Germania continua ad approfittare della situazione collocando titoli a rendi menti sottozero (ieri i 12 mesi a - 0,054%). Si mettono così le basi per una bolla  che favorisce gli attacchi dei grandi speculatori. c)   Dati i numeri in gioco, sembra molto difficile che la Spagna riesca ad evitare il ricorso agli aiuto del Fmi, subendo la tutela degli ispettori. d)  E l'Italia? A prima vista si potrebbe dire, con i fratelli Rosselli, «Oggi in Spagna domani in Italia». Ma non è detto che vada così. Primo, perché il Belpaese, nonostante l'enorme debito, è assai più solido. Secondo, perché il Fmi e la Ue non hanno le risorse per un eventuale salvataggio dell'Italia. Se le cose precipitassero, la Germania sarebbe costretta ad affidarsi alla regia di Mario Draghi. Alleato americano e)  Il pallino, insomma, è nelle mani del presidente della Bce che deve mettere in atto una politica efficace a spegner l'incendio senza però provocare la rottura con i Paesi del Nord (Finlandia in testa)  dietro cui agiscono i “falchi” di Berlino. Che può fare? Nell'ordine: 1) abbassare i tassi a quasi zero (cosa che avverrà il 2 agosto); 2) lanciare un altro prestito Ltro; 3) utilizzare altre armi non convenzionali; 4) minacciare il lancio della “bomba atomica”, ovvero l'acquisto senza limiti di titoli italiani e  spagnoli sul mercato, secondo le regole del quantitative easing americano. Un gesto estremo, che farebbe probabilmente insorgere il Bundestag e la Corte Costituzionale tedesca. f) Una partita drammatica in cui Draghi  sa di poter contare su un alleato, il collega americano Ben Bernanke. La Fed, di fronte all'allarme generale, si prepara a prolungare fino al 2015 la politica dei “tassi  zero” per sostenere Wall Street. Ma soprattutto, a metà agosto, potrebbe annunciare al vertice di Jackson Hole nuove misure a sostegno della crescita che potrebbero allentare la pressione sull'Europa, compresi i bistrattati titoli della povera Italia. Ma prima bisogna arrivarci a metà agosto. Senza illudersi troppo sugli aiuti da fuori. La verità è che a molti tedeschi, anche tra le colombe, lo spread a quota 500 e oltre non dispiace affatto: è l'unica garanzia che l'Italia farà i compiti per davvero. A meno che, come è successo ieri, il rigore non colpisca come un boomerang i maestrini di Francoforte.  

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