La bimba perfetta per sfuggire al fisco:ha due anni e non ha ancora un nome
Il caso nella provincia di Bologna: né la madre né l'ospedale l'hanno registrata. Lei per il nostro Stato non è individuabile
di Giordano Tedoldi Essere o non essere, questo è il problema, rimuginava Amleto. Problema cui è facile rispondere in questi tempi di tracciabilità assoluta, fisica e finanziaria, e se non ti trova l'Agenzia delle Entrate sarà il Gps dell'Iphone a localizzarti, poiché ormai chi esiste è sospetto, e il sospetto non può godere di privacy né consentirsi di uscire dalle mappe di Google. E allora molto meglio essere come la bambina di due e anni e mezzo della provincia di Bologna di cui raccontava ieri l'edizione locale di Repubblica, che né la madre né l'ospedale hanno avuto cura di registrare all'anagrafe. Lei, per il Leviatano in cui si è trasformato il nostro Stato, non è individuabile. Anonima come un hacker anche se è ancora una frugoletta, irrintracciabile come un conto alle Isole Vergini, criptata come un codice nucleare, inafferabile come un lampo. La legge dice che entro 10 giorni ogni nuovo nato deve essere registrato all'anagrafe o dalla struttura in cui è venuto al mondo o dalla madre. Nel caso della bimba di Bologna, l'ospedale aveva lasciato l'incombenza alla madre che non si sa perchè - ignoranza, incuria o cos'altro - ha tralasciato di registrarla. Per questo la bimba non è vaccinata, come tocca alle sue coetanee, giacché la Asl ricava gli elenchi di quelli da vaccinare dall'anagrafe. La singolarità della bambina senza nome è saltata fuori quando la madre s'è presentata allo sportello dello stato civile del Comune col certificato di nascita - bambina ufficialmente nata - dunque, ma non riconosciuta e come tale invisibile alla burocrazia. Il caso della bimba, che ovviamente in famiglia è chiamata con un nome e ha un fratello maggiorenne nato da un precedente matrimonio, è stato segnalato al Tribunale dei minori per capire le ragioni del suo aver vissuto due anni e mezzo nell'oscurità completa. Probabilmente si tratta di una clamorosa, colpevole trascuratezza della madre e dell'ospedale, ma la suggestione di una volontaria scomparsa dai radar della vita associata ci interessa di più. Senza nome, la bimba avrebbe evitato non solo le benefiche vaccinazioni, ma anche, crescendo, il passaporto, le scuole dell'obbligo, il codice fiscale, l'iscrizione alle liste elettorali, l'Irpef e chissà quante altre forche caudine che sarebbero anche superabili e per certi versi vantaggiose, ma che in Italia sono vessazioni. Non esserci, sfuggire al profilo identitario cui tutti siamo volontariamente e non sottoposti a ogni minimo gesto, il clic su un link, la risposta a un sondaggio, l'acquisto di una tariffa telefonica, è l'unica forma di libertà, benché completamente negativa, che ci sia residuata. Rifiutare il nome per rifiutare d'essere chiamati a rispondere del disastro e dei suoi effetti futuri, dal momento che chi nasce ora non ha certo colpe, e dunque perché dovrebbe offrirsi al carnefice? Naturalmente la legge farà il suo corso, la piccola senza nome entrerà nei lacci del consesso civile e voterà, pagherà le tasse e, subito speriamo, farà i vaccini. Diventerà come noi, che un tempo ascoltavamo pronunciare il nostro nome con fiducia, e adesso temiamo ci stiano convocando per pagare una cartella Equitalia. Il nostro nome è diventato non un dato sensibile ma un bersaglio sensibile. Quindi come non guardare con un po' di simpatia, e invidia, alla bambina che per oltre due anni ha vissuto indisturbata e indisturbabile dallo Stato? Benvenuta nel mondo reale, piccolina, cerca di evitare che possano fare a te quello che stanno facendo da tempo a noi: colpevolizzarci per il solo fatto di esistere, essere cittadini, rendere la nostra vita schedata una fatica e un sacrificio, per cui se non corrispondi a un algoritmo preparato dall'alto vieni sputato come un nocciolo di pesca. Tu, bambina, diglielo, che eri quella senza nome, e si ti fanno saltare la mosca al naso, puoi sempre ridiventarlo.