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Pd e Udc pronti alla crisi:il Colle sonda i segretari

Anche i partiti sostenitori del premier aprono al voto. E Napolitano chiede una nuova legge elettorale, ma non chiude al voto

Andrea Tempestini
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di Elisa Calessi La svolta è stata giovedì. Durante l'incontro che Mario Monti ha avuto con Giorgio Napolitano si è affrontata, per la prima volta, l'ipotesi di andare al voto in autunno. Monti avrebbe espresso al presidente della Repubblica il timore che l'incertezza del quadro politico futuro sia diventata un elemento «perturbativo» dei mercati. Si aggiunge, poi, lo sfilacciamento della maggioranza. A questo punto, sarebbe stato il ragionamento, se i partiti non si mettono in riga e se lo spread non cala, meglio votare. Il presidente della Repubblica non avrebbe escluso quest'eventualità. Ma a Monti, come ai segretari dei partiti che in questi giorni ha sentito, ha ribadito due condizioni. Primo: bisogna cambiare la legge elettorale o comunque fare un tentativo serio per cambiarla. Secondo: deve esserci una coalizione che prosegua la linea di Monti. Non per forza guidata dall'attuale premier. L'importante è che si impegni a proseguire il cammino iniziato.  Per questo, nel fine settimana, non solo i falchi di Pdl e Pd, ma anche i montiani del Pd e lo stesso Pier Ferdinando Casini hanno messo in conto l'ipotesi delle elezioni anticipate. Frenata, ieri, dagli uomini più vicini ad Angelino Alfano (Fabrizio Cicchitto ha definito il voto anticipato «una dichiarazione di fallimento», Maurizio Lupi ha detto che anche solo parlarne è «fuori luogo»), ma anche da Pier Luigi Bersani: «Tutte chiacchiere che creano confusione. Se vogliamo fare qualcosa di positivo per poter prendere come Paese le nostre decisioni, dobbiamo accelerare sulla legge elettorale». Né ad Alfano, né a Bersani, infatti, conviene votare in autunno. Al primo perché il Pdl non è pronto, al secondo perché ha inteso cosa si muove dietro: un Monti bis.   Dalla Russia anche il premier (che in settimana vedrà Alfano, Bersani e Casini) ha fatto marcia indietro. «Mi hanno chiesto di assicurare la gestione del Paese fino alla primavera del 2013». Le elezioni ci saranno, ma solo «dopo la fine di questo periodo». Si è poi augurato che una nuova legge elettorale «possa  facilitare la vita politica». Il ragionamento sul voto anticipato doveva rimanere privato. Una volta diventato pubblico, potrebbe essere scambiato dai mercati per un ulteriore sintomo di incertezza. Quella possibilità, però, resta in campo. E a tifare per essa - o comunque a non escluderla - è un fronte trasversale e ampio. Mosso da ragioni opposte. I falchi del Pdl, gli ex An, perché vogliono liberarsi di Monti. I Giovani Turchi del Pd perché sperano di voltare pagina e fare un governo di centrosinistra. Matteo Orfini è stato il primo, settimane fa, insieme a Stefano Fassina, a evocare il voto anticipato: «Se devi arrivare all'aggressione speculativa e chiedere l'aiuto dell'Europa, meglio andare alle elezioni», spiega a Libero. «Ma si può fare», aggiunge, «solo con l'accordo di tutti».  La novità è che anche i montiani del Pd, ora, non escludono questa possibilità. Ma per una ragione opposta. «La via preferibile», premette Walter Verini, fedelissimo di Walter Veltroni, «è che Monti vada avanti fino al 2013, senza boicottaggio del Pdl o freno a mano del Pd. Dopo di che», osserva con Libero, «se la situazione precipitasse e lo stesso Monti dicesse: “Non possiamo stare a bagnomaria, c'è bisogno che l'Italia si pronunci con un voto”, si dovrebbe valutare. Ma a patto che quanto viene dopo assicuri una continuità rispetto a questo governo, pur con le dovute correzioni su crescita e equità. A quel punto non sarebbe più un problema la data delle elezioni». Come spiega a Libero il lettiano Francesco Boccia, «una volta approvate le manovre e cambiata la legge elettorale, votare tre mesi prima o dopo non cambia». Soprattutto se, come osserva Roberto Rao, braccio destro di Casini, «continua a esserci questo sostegno a intermittenza al governo. Se Monti fa il premier, deve poterlo fare nella pienezza delle sue facoltà». Se no, meglio votare. Con il professore candidato? «Per noi», risponde Rao, «la soluzione Monti anche per il “dopo” è la migliore. Ma stiamo a quanto ha detto: non vuole ricandidarsi». Arruolarlo ora significherebbe indebolirlo. Meglio non parlarne. Ma è chiaro che la speranza è quella. E se la situazione dovesse aggravarsi, al punto da mettere in conto il voto anticipato, un Monti bis sarebbe la via obbligata. Manca solo un anello: la legge elettorale. Per questo, si dice, chi non vuole votare in autunno farà «melina» per non cambiare la legge. E legare le mani a Napolitano. La dead-line è dicembre, quando scatterà il semestre bianco e non potrà più sciogliere anticipatamente le Camere.  

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