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Alleati, nozze omo e Quirinale:la sinistra ci prende in giro

Il finto duello Casini-Bersani e il braccio di ferro Di Pietro-Napolitano animano il teatrino del Pd. Che scaricherà l'Idv e imbarcherà l'Udc

Andrea Tempestini
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di Marco Gorra È un po' come il wrestling. Nonostante sia chiaro che si sta assistendo ad una messinscena, alla fine scatta sempre quella specie di magia per cui si finisce a credere nello spettacolo cui si sta assistendo, si fa il tifo e ci si infervora. Il celebre teatrino della politica funziona allo stesso modo: sostanza poca e il meno pubblicizzata possibile, facciata tanta e a volume massimo. Sebbene l'assunto sia ormai noto (e anzi trovare qualcuno disposto a dichiarare di prendere sul serio le baruffe tra politici è impresa ai limiti dell'impossibile) poi prevale sempre il riflesso condizionato in forza del quale, come i partiti alzano un po' la voce, automaticamente ci si attacca alle loro labbra come fossero quelle dell'oracolo di Delfi. A confermare l'assunto soccorrono gli ultimi due casi riguardanti il Partito democratico: lo scontro con Antonio Di Pietro circa Giorgio Napolitano e la procura di Palermo e la polemica con Pier Ferdinando Casini sui gay. Due vicende che, specularmente, offrono dimostrazione di come il teatrino funzioni a prescindere dalla realtà. • Pd vs. Idv Il caso -  La premessa è nota: Napolitano ha sollevato conflitto tra poteri dello Stato con la procura di Palermo in ordine alle intercettazioni telefoniche sulla trattativa Stato-Mafia. Il Pd difende l'operato del Colle mentre Di Pietro non lascia passare giorno senza dire che Napolitano sta facendo strame della Costituzione. Da cui la polemica tra ex soci, con scomuniche reciproche, interviste al veleno e grande dibattito circa la possibilità per il Pd di allearsi ancora con chi porta così poco rispetto per il Quirinale. Perché è teatrino? Perché tra Pd e Idv i giochi sono praticamente fatti da tempo, e salvo difficilmente preventivabili sorprese le strade di Bersani e Di Pietro sono destinate a separarsi. Il punto è che fare rumore sulla faccenda conviene a entrambi. Al Pd perché è il più nobile dei motivi per spingere Di Pietro fuori dal perimetro delle alleanze facendo al contempo un responsabilissimo figurone vestali delle istituzioni (quanti avessero in animo di obiettare che il Pd lo sta facendo perché genuinamente convinto della sacralità del Quirinale sono pregati di tenere a mente che si tratta della stessa gente dell'impeachment per Leone e Cossiga). A Di Pietro conviene perché, prospettandosi una campagna elettorale in discreta salita, l'occasione di accreditarsi ulteriormente come unico che le canta chiare alla Casta, piani alti inclusi, torna utile assai. Senza contare le rendite di posizione aggiuntive che la cornice tribunalizia della vicenda può naturalmente comportare in un'operazione simile condotta da Tonino. • Pd vs. Udc Il caso - Acque agitate tra i quasi alleati di sinistra e di centro sui matrimoni gay. La faccenda è esplosa l'altro ieri, per via di un'uscita di Pier Ferdinando Casini circa i matrimoni gay «segno di profonda inciviltà». Immediata la levata di scudi da parte dei Democratici, con digrignare di denti ad altissimo volume e anatemi preventivi di rara violenza nei quali si mette pesantemente in dubbio l'esistenza di possibili spazi di convergenza con certi retrogradi. Perché è teatrino? -  Perché l'alleanza tra Pd e Udc la si sta tirando su su basi estremamente pesanti, e l'ipotesi di mandare tutto a gambe per aria perché ci si impunta sui gay è, semplicemente, inconcepibile. Al punto che è già stato messo nero su bianco - si veda l'ultima direzione dell'Udc - che di temi etici nel programma di governo non ci sarà traccia e che, qualora se ne dovesse discutere in Parlamento, sarà libertà di coscienza. Chiarissimo: pur di non finire a litigare sui gay (esito inevitabile di qualsiasi tentativo di mettere giù una posizione comune sulla questione), si cancella la pratica. Resta il problema dei rispettivi elettorati, che al tema sono sensibili. E quindi bisogna comportarsi di conseguenza. Da cui l'uscita di Casini che rincuora i cattolici in pensiero per i valori (e magari fa pure passare in secondo piano la puntualizzazione circa la volontà di «stabilire garanzie giuridiche per le coppie di conviventi») e da cui le repliche di Bersani e soci, che aiutano a far passare l'idea che come si schiera al fianco dei gay il Pd non si schiera nessuno. Sipario. La platea, conquistata dall'ennesima prova di bravura degli attori protagonisti, dimentica in un baleno le perplessità della vigilia e si spella le mani. Qualcuno chiede il bis.

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