Lo spread a 500 tenta il Cav: staccare la spina a Monti
La pressione sui titoli di stato starebbe convincendo Berlusconi: bisogna concludere la parentesi tecnica e ridare il potere alla politica. Serve il via libera di Bruxelles
Lo spread sopra i 500 punti? Torna in Silvio Berlusconi la tentazione di togliere la fiducia al governo. L'ex premier, secondo quanto viene riferito da fonti parlamentari, non esclude la possibilità di mettere fine in maniera anticipata a quella che da sempre ha definito una "parentesi", una "sospensione della democrazia", ovvero la costituzione di un governo non legittimato dalla volontà popolare perché non eletto. Nessuna decisione, riferisce chi gli ha parlato in queste ore, ma nei ragionamenti dell'ex premier sta tornando ad affacciarsi la convinzione che forse sarebbe meglio tornare alle urne per dare all'Italia un governo scelto dai cittadini. Il Cavaliere non dà colpe a Mario Monti, anzi ne apprezza l'operato e la professionalità e non manca di sottolineare la comprensione per il ruolo difficile che è stato chiamato a svolgere in una situazione di ingovernabilità del Paese dovuta a una archiettura istituzionale inadeguata. Ma, viene spiegato, allo stesso tempo Berlusconi fa notare ai suoi interlocutori come la risposta dei mercati all'azione dell'esecutivo dei tecnici non sia affatto sufficiente, proprio per la mancanza di fiducia e di chiarezza nel futuro. Allora, è l'ipotesi formulata nei suoi ragionamenti, forse sarebbe meglio mettere fine a questa 'sospensione della democrazià. Naturalmente, in questo momento altamente instabile e senza un orizzonte ancora ben definito - troppe le incognite che pesano, a cominciare dalla legge elettorale e dalle alleanze - il Cavaliere è ben consapevole che le variabili in campo sono molte e, seppur determinato in ogni caso a giocare la partita in prima persona (magari non da candidato premier ma da king maker), non chiude la porta a nessuna ipotesi, compresa quella di dar vita a una grande coalizione. Ma la tentazione di staccare la spina c'è. L'ex premier, tuttavia, aspetta che Bruxelles intervenga per definire il meccanismo dello scudo anti-spread, altrimenti - ha confidato ad alcuni esponenti del partito di via dell'Umiltà - l'unica strada per evitare la deriva greca o quella spagnola sono le elezioni. Nei giorni scorsi anche la Lega ha chiesto a Berlusconi di togliere la fiducia al governo qualora lo spread avesse superato quota 500. Il Cavaliere non si è sbilanciato, lasciando cadere l'argomento. E a più di un interlocutore va ripetendo come sia ormai chiaro che l'impennata dello spread durante la sua presidenza non dipendeva dal governo nè tantomeno dal sottoscritto (quasi a voler dire che nulla impedirebbe un suo ritorno). Pure Angelino Alfano ieri ha sottolineato questo aspetto e su questa linea si sono schierati i giornali che fanno riferimento al centrodestra, tanto che Monti oggi in conferenza stampa è stato costretto a far notare la differenza di "risultati" tra lo scorso esecutivo e quello attuale. Certo, con il voto anticipato il Cavaliere otterrebbe il risultato immediato di ricompattare tutto il partito, pagando sì il prezzo di alcuni addii (beppe Pisanu, per fare un nome). Ma pagherebbe lo 'scottò di ritrovarsi contro proprio i due principali interlocutori, Bersani e Casini, di un possibile governo di larghe intese. Non sono infatti sfuggite all'ex premier le parole del leader centrista ed è su qual versante che comunque il Cavaliere continua a tessere una delle tante tele. "Andare alle urne in autunno - osserva uno dei big di via dell'Umiltà che ha parlato con il Cavaliere - impedirebbe a Pd e Udc di organizzare un arco costituzionale contro il Pdl". Intanto, continua a lavorare al progetto del nuovo partito, fa vedere i bozzetti del nuovo simbolo e consulta sondaggi e personalità del mondo imprenditoriale. L'ultima idea - apprende l'Agi - è 'Grande Italià. Berlusconi non è ancora del tutto convinto, ma vuole che compaia il termine 'Italià e che il simbolo abbia lo sfondo azzurro. E parallelamente ai 'test graficì stila il programma elettorale, basato essenzialmente su una campagna contro l'eccessiva pressione fiscale e il rigorismo tedesco.