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Quelli che proteggono Napolitano ma mollarono Berlusconi

Repubblica, Corriere, Pd: tutti d'accordo con il Colle, i pm di Palermo esagerano. Ma nelle intercettazioni del caso Ruby ci sguazzavano...

Giulio Bucchi
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Lo scontro tra le istituzioni e i pm continua, cambia solo lo sfondo. Da Palazzo Chigi al Quirinale, dall'ex premier Silvio Berlusconi e la Procura di Milano (soprattutto) al presidente Giorgio Napolitano e la Procura di Palermo che indaga sulle tratattive tra Stato e mafia tra anni Ottanta e Novanta. Il Quirinale ha dato mandato all'Avvocatura dello Stato di sollevare un conflitto d'attribuzione contro i magistrati siciliani di fronte alla Corte Costituzionale. Il motivo è chiaro: le telefonate tra Napolitano e l'allora ministro degli Interni Nicola Mancino sono state intercettate dai pm, e secondo il procuratore Antonio Ingroia di conversazioni ce ne sarebbero due. Anticostituzionale intercettare il Capo dello Stato, se non per alto tradimento, è la posizione del Colle (Costituzione articolo 90 e Codice penale articolo 268 alla mano). Le intercettazioni, anche se occasionali e indirette (come sostengono i pm) devono essere vietate e non possono essere utilizzate, valutate e trascritte, e anzi il magistrato deve chiederne la distruzione. E invece niente: Ingroia le ha annunciate mezzo stampa, al Fatto, prefigurando scenari inquietanti per Napolitano e le istituzioni. Le preoccupazioni del Quirinale - Napolitano è "irritato", fanno sapere fonti vicinissime. Per quella "campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del Presidente della Repubblica e dei suoi collaboratori", disse a suo tempo. Sospetti, veleni, insinuazioni, minacce di pubblicazioni di conversazioni private. Tutto giusto, ma tutto già sentito nei mesi scorsi, fonte Silvio Berlusconi. Non a caso, i commenti del Pdl sono in segno di approvazione per l'iniziativa del Colle. "Non posso fare a meno di cogliere l'occasione per dire che era giusta la nostra battaglia contro gli eccessi e gli abusi dell'utilizzo delle intercettazioni", ricorda il presidente dei senatori azzurri Maurizio Gasparri. E il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto aggiunge: "Bene ha fatto il capo dello Stato a sollevare conflitto d'attribuzione nei confronti della Procura di Palermo per il gravissimo comportamento del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che continua a violare anche le più semplici regole del vivere civile, per non parlare dei suoi violenti strappi alla Carta Costituzionale in materia di riservatezza della comunicazioni, ancor più tutelate quando si tratti di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica".  Cambio di casacca - Il dato singolare è che tutti (o quasi) coloro che fino a pochi mesi fa cavalcavano le intercettazioni e la loro diffusione difendendole come prerogativa di magistratura e media oggi si stringono intorno a Napolitano. Allora tutti uniti per colpire Berlusconi, oggi per fare muro contro gli abusi dei magistrati. Strano. Lo fanno i politici (per la democratica Anna Finocchiaro quella di Napolitano è "una scelta di prudenza costituzionale che servirà a fare chiarezza una volta per tutte, un gesto doveroso"), lo fanno soprattutto i giornali. Già qualche giorno fa Repubblica, tramite la penna del fondatore Eugenio Scalfari, si chiedeva se non si stesse esagerando con le intercettazioni (proprio Repubblica, che per mesi è diventato il diario quotidiano delle telefonate delle olgettine), e che oggi con Carlo Galli scrive: "La sostanza politica della vicenda è nei sospetti che si vogliono avanzare sul Presidente, per indebolirne l'immagine e il ruolo politico, per travolgere, con un allarmismo qualunquistico, quel che resta della legittimità repubblicana. (...) Sarebbe questa l'ultima autolesionistica risposta delle élite ciniche e riluttanti (il cinismo ha infatti molte faccce, anche quella dell'oltranzistico giustizialismo". Letta così, par quasi una dichiarazione di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. Ugo De Siervo, su La Stampa, sottolinea la necessità di "ristabilire il senso del limite" (superato dai magistrati, naturalmente) mentre Massimo Franco sul Corriere della Sera parla di "scelta inevitabile che salda le perplessità verso alcune toghe". Anche in via Solferino, insomma, si sono accorti che qualche Procura esagera. Al Fatto Quotidiano nessuno piò contestare poca coerenza: "Napolitano arresta la procura di Palermo", è il titolo di prima - forte - del quotidiano di Padellaro e Travaglio. Ai tempi del Cav e di Ruby tifano per le manette, i pm e le intercettazioni. Oggi, tolte le manette, tifano ancora per i pm e le intercettazioni.

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