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E' un cadavere ma cammina: il Cav ha già fatto il miracolo

Giampaolo Pansa

Il bestiario. Berlusconi torna in pista e dimostra coraggio. Regalerà sorprese ma vincere ancora è una missione impossibile (e lui non l'ha capito)

Andrea Tempestini
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  Ma perché mai Silvio Berlusconi ha deciso la follia di ricandidarsi? I motivi sono tanti e in parte Libero li ha già ricordati. A cominciare dal terrore di vedere avverarsi una profezia sinistra, chiamata «Quota 15». Sarebbe questa la misera percentuale di voti che toccherebbe al Pdl senza il Cavaliere alle elezioni del 2013. Un incasso fantozziano, tragicamente distante dal 38 per cento del 2008. Tuttavia, dietro la ri-discesa in campo di Silvio esisterebbe un retroscena che il «Bestiario» è in grado di rivelare.  Il retroscena ha un antefatto: la paura di un gruppo del Partito democratico di avere di fronte un centrodestra che, al momento del voto, si presenta agli italiani con un colpo da maestro. Simile a quello del presidente di una squadra di calcio che all'avvio del campionato di serie A annuncia l'acquisto di un top player, di un superbomber che nessuno si aspettava di vedere con quella maglia.  In questo caso, il top player potrebbe essere nientemeno che il premier attuale, Mario Monti, all'improvviso passato a guidare le truppe del Pdl e i gruppi collegati. Il sospetto si è diffuso soprattutto nelle aree democratiche che da sempre considerano Monti un moderato, un tecnico di destra, quasi un reazionario. Inutile fare nomi, a cominciare da quello del sempre ingrugnato Stefano Fassina, il responsabile economico del Pd. Di certo, lui la pensa così. Però non esistono prove che sia stato il suo giro di tetri corvi del malaugurio ad architettare lo stratagemma che adesso  illustrerò.   Ma è uno stratagemma o un grande inganno, per lo meno nei confronti del Cavaliere? Sta di fatto che un gruppo semiclandestino, i «Democratici ribelli», si è mosso sulla base di una riflessione banale a proposito del carattere di Silvio. Da anni, tutti sanno che il Berlusca è un tipo provvisto di un orgoglio d'acciaio. Si è costruito un personaggio che ha una grande fiducia in se stesso e si ribella all'essere considerato un pavido. Tanto che un giorno ebbe a dire: «Io sono come un grande condottiero del passato, Bartolomeo Colleoni: lui di palle ne aveva tre e non soltanto due».  A quel punto il gioco si è rivelato di una semplicità sconcertante. Una squadra di pirati informatici, i maledetti hacker, ha cominciato a inviare una quantità formidabile di messaggi a tutti gli indirizzi e-mail del Cavaliere, a cominciare da quello del suo partito. Quel diluvio di posta elettronica insisteva su un unico concetto: se Berlusconi non fosse sceso in campo una seconda volta, sarebbe risultato chiaro quello che i suoi nemici sostenevano. Ossia che non era più l'uomo di un tempo, ma soltanto un povero vecchio senza grinta. Per di più spompato dalle troppe ragazze audaci che per mesi aveva introdotto nella villa di Arcore, a scopo di puro divertimento serale, diciamo così. Ma i messaggi più efficaci erano quelli che gli esperti chiamano «comparativi». Invitano a confrontare due situazioni assai diverse una dall'altra. Volete qualche esempio? «Caro Silvio, non puoi lasciare il partito a un cartavelina come Angelino Alfano. Lui è cresciuto in sacrestia, non cantando e suonando il pianoforte sulle navi da crociera come hai fatto tu». «I presunti capi odierni del Pdl di palle ne hanno una sola, appena un terzo delle tue, e per di più molliccia». «Senza la tua leadership il partito andrà a ramengo. Resterai senza più difese. Le tante Boccassini d'Italia ti sbraneranno vivo, per poi darti in pasto ai talebani di Repubblica».  La trappola ha funzionato. La lettura di tutti quei messaggi ha scavato nell'animo del Cavaliere con la pazienza feroce di una talpa molto astuta. Giorno dopo giorno, e-mail dopo e-mail, Silvio si è infastidito, poi si è irritato e infine ha deciso di sorprendere l'Italia intera con una mossa che nessuno si aspettava. Quella di candidarsi al ruolo che altre volte era già stato suo: il presidente del Consiglio.  Diciamoci la verità: il Berlusca è stato tanto bravo da lasciarci tutti a bocca aperta. Tutti tranne la squadra di hackers democratici che contavano di ottenere quel risultato per mettere Monti fuorigioco. Quando Silvio ha rivelato la propria mossa al vertice del Pdl nessuno ha osato battere ciglio. I capi e i capetti del partito si stavano trastullando con il rebus delle primarie e sono rimasti con il chiodo in bocca. Dicono che soltanto il povero Alfano abbia pianto. E con ragione. Vedeva distrutta non soltanto una carriera appena avviata, ma anche la propria immagine. Per opera del leader che lo aveva messo in pista e sempre considerato un padrino generoso.  Più difficili da sondare le reazioni del Partito democratico che pure è il mandante occulto della campagna degli hackers. In casa Bersani si registrano sentimenti diversi. C'è chi si frega le mani davanti alla prospettiva di avere come avversario un Cavaliere super-spompato. C'è chi teme la frenesia berlusconiana e le sue formidabili doti di imbonitore. C'è infine il realismo di chi pensa che avere di nuovo Silvio come avversario potrà galvanizzare al massimo la truppa elettorale di centrosinistra. Mettendo in ombra le critiche al vertice del Pd e obbligando lo stato maggiore del partito a lasciar perdere divisioni, distinguo, mal di pancia, gelosie, rivalità.  Purtroppo entrambi gli schieramenti, il centrodestra e il centrosinistra, stanno facendo i conti senza l'oste. Vale a dire senza sapere quali saranno le condizioni reali dell'Italia all'inizio del 2013, nel momento delle elezioni politiche. Stiamo tutti navigando nella nebbia più fitta. In questa foschia si nascondono due opportunità che possono diventare rischi mortali. Il primo è l'esito del risanamento economico e finanziario avviato con grande coraggio dal governo Monti. Il secondo è la capacità dei partiti di rinnovarsi in tempo utile per evitare un collasso della democrazia parlamentare.  Posso fare una citazione? «Non è vero che gli italiani non vogliano più saperne dei partiti. La gente è stufa dei partiti come sono oggi. Li vorrebbe migliori, onesti, efficienti, meno costosi. La stessa richiesta vale per i politici. Nessuno domanda la chiusura del Parlamento e delle sedi partitiche. Si vuole soltanto che dentro ci siano figure nuove, non appesantite dai vecchi vizi, estranee alla corruzione che dilaga. Purtroppo i vecchi inquilini non vogliono andarsene. La nomenklatura fa muro e resiste all'assedio. Nasce di qui un conflitto che rischia di incattivirsi sempre di più. E può aprire una fase molto pericolosa per la democrazia in Italia».  La citazione è mia, nel senso che avevo scritto queste righe nel luglio 1992, la bellezza di venti anni fa, in piena Tangentopoli. Anche da noi, come in altri paesi, non c'è nulla di nuovo sotto il sole. In fondo, pure l'inatteso ritorno di Berlusconi emana un sentore di stantio. E obbliga a ciucciarci uno spettacolo già visto.  A questo punto rimane una domanda che qualche amico mi sta rivolgendo: con questa mossa, il Cavaliere riuscirà a vincere le elezioni? Nel mio piccolo, penso di no. L'unica certezza è che Silvio ci offrirà una sorpresa dopo l'altra. Sarà un regalo non da poco per i media che oggi sono ridotti a essere il tetro diario della recessione. Bollettini di sciagure che guastano i nostri risvegli e invitano a lasciare i giornali nelle edicole.   E la sorpresa più grande sarà di aver dimostrato che il Cav è ancora in grado di compiere miracoli. Primo fra tutti, quello di essere un cadavere che cammina. di Giampaolo Pansa  

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