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Trentino Alto Adige peggio della Sicilia: l'autonomia dorata gliela paghiamo noi

Tasse basse e fondi da Roma: così foraggiamo masse di dipendenti pubblici

Giulio Bucchi
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Si sono arroccati sulle montagne, con il loro tesoro e non vogliono mollarlo. In Trentino Alto Adige-Südtirol, il 31,7% del bilancio dei Comuni è costituito da entrate extratributarie. Anche perché da quelle parti le tasse incidono in misura molto minore rispetto al resto del territorio italiano, secondo i dati Istat relativi al 2010. Così, se in una regione a statuto ordinario come la Liguria la media pro-capite è di 572 euro, in Trentino Alto Adige si scende drammaticamente a 211 euro per abitante. Il motivo è presto detto: arrivano barcate di soldi da Roma. Nella Provincia autonoma di Trento sono riusciti a chiudere il bilancio 2011 in pareggio con un “fatturato” di 4,6 miliardi, garantiti quasi interamente (3,9 miliardi) dallo Stato, che restituisce all'autonomia trentina e bolzanina i nove decimi del gettito fiscale incassato localmente. Eredità separatista - In confronto a quanto ricevevano dopo la “Notte dei fuochi”, cioè la stagione degli attentati ai tralicci dell'alta tensione con cui nel 1961 i separatisti altoatesini chiedevano il ritorno dell'Alto Adige all'Austria, è poco. Ai tempi del patto fra la Democrazia Cristiana e la Südtiroler Volkspartei di Silvius Magnago, le cifre dei trasferimenti si aggiravano sui 10mila miliardi l'anno per 500mila abitanti. Ora il rapporto fra la popolazione e i soldi non è più lo stesso, nonostante l'alto numero di suicidi. Eppure le competenze affidate alle istituzioni locali rimangono costanti: soltanto il 60% di quanto ricevono è giustificato dalla spesa pro capite di 406 euro per lo stipendio del personale amministrativo. E va aggiunto che se ne approfittano anche, se si considera che il numero di dipendenti pubblici è superiore alla media nazionale del 32% e si spendono tra i 7 e gli 8mila euro per i servizi generali della Pubblica amministrazione.  Ovvio che anche i parametri retributivi siano collocati a livelli stratosferici. Fanno eccezione i 70 consiglieri delle due Province autonome, che si sono autoridotti le indennità e ogni mese intascano 5.900 euro netti rispetto ai precedenti 9.100. Per gli ultimi eletti, è saltato anche il vitalizio. Dovranno consolarsi con i rimborsi per gli spostamenti pari a 0,33 euro al chilometro fino a ottomila chilometri l'anno. Quando gli stessi consiglieri siedono in Regione, invece, si vedono rimborsati appena seimila chilometri l'anno. Un capitolo a parte, invece, riguarda il presidente della Provincia di Bolzano, Luis Dürnwalder, che, tolte le tasse, guadagna  più del presidente degli Stati Uniti: 12mila euro al mese. Il calcolo è presto fatto: al presidente va il 50% in più che a un consigliere, a un vicepresidente il 25% e un segretario questore il 12,5 per cento. «Si potrebbe gestire meglio la spesa», spiega Rodolfo Borga, consigliere provinciale del Pdl a Trento. Sotto accusa sono «l'eccesso di dirigismo che, stante la capacità maggiore di incidere sul tessuto sociale ed economico, impone una presenza eccessiva del settore pubblico. Anche a causa della legge elettorale, che dà enormi poteri ai governatori, il centralismo ha depresso la capacità d'iniziativa delle aziende». Non ritiene necessaria quindi una cura dimagrante, perché «siamo a costo zero: non contribuiamo al bilancio dello Stato ma non pesiamo nemmeno», in quanto «la scuola, l'asilo, l'università, le strade ricadono direttamente sotto la competenza della Provincia, mentre allo Stato rimangono la giustizia, i tribunali e l'ordine pubblico». Semmai, si poteva pensare a un risparmio in occasione del referendum, promosso dalla Lega Nord e svolto nell'aprile scorso per l'abrogazione delle Comunità di Valle, costituite nel 2006. L'opposizione le contestava come uno spreco di risorse pubbliche e un'invasione nella sfera di competenza dei Comuni. Peccato che non sia stato raggiunto il quorum. Per Borga, si tratta soltanto di «un ulteriore ente intermedio», che si traduce nell'ennesimo «strumento di controllo politico del territorio». Sprechi di risorse - L'alternativa, le «unioni di comuni per la gestione di servizi in forma associata» potrebbe rappresentare un buon suggerimento per chi dovrà rassegnarsi a vedere calare la scure della spending review fissata dal governo. In conseguenza del decreto, i tagli per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome si dovrebbero attestare a 600 milioni nel 2012 e a 1,2 miliardi nel 2013, senza contare il miliardo e mezzo di riduzioni previste a partire dal 2014. I governatori li sommano agli effetti delle manovre precedenti, che per il Trentino-Alto Adige ammontavano a 902 euro in meno di spesa pro-capite, e lanciano l'allarme, in nome del feticcio dell'autonomia, antico privilegio che si conserva fin dai tempi in cui facevano parte dell'Impero austro-ungarico. Per ora, la battaglia è a colpi di carta bollata. Dopo l'accordo quadro di Milano del 2010, sottoscritto con il governo precedente dai ministri Roberto Calderoli e Giulio Tremonti, sembravano essere state sistemate tutte le partite arretrate che da anni erano rimaste bloccate, impedendo il trasferimento di fondi dalle casse dello Stato. In cambio, le Province autonome si erano rese disponibili a un contributo rilevante purché fossero fissati alcuni paletti a tutela della loro “specialità”. Ma ora, con l'esecutivo Monti, la musica è cambiata. Si presenteranno impugnative e ancora una volta si finirà in un estenuante contenzioso giuridico. Nel frattempo si tenterà l'ultima carta, pretendendo altro denaro per il passaggio di funzioni dalle Province ai Comuni. Tanto perché non finisca troppo presto l'ultradecennale stagione della pacchia. di Andrea Morigi

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