Cerca
Cerca
+

Come far pagare il debito italiano alle banche che ci hanno rovinato

I tagli e le tasse non bastano, serve più coraggio. Per esempio, pagare un po' meno e un po' più tardi i grandi possessori di titoli di stato, istituti e fondi, salvando i piccoli risparmiatori

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

  Oltre alle tasse e ai tagli c'è di più. Il debito pubblico italiano da 1.900 miliardi (circa il 120% del Pil) con 70 miliardi di interessi pagati all'anno è una spada di Damocle da cui non ci può proteggere né Mario Monti con la spending review né Susanna Camusso (e il Partito Democratico) con la solita patrimoniale. La strada, forse l'unica, è quella indicata da uno studio della Duke University ripreso dal Financial Times: ristrutturare quel debito facendolo pagare anche a chi ha contribuito a crearlo, le banche.  La terza via - Secondo la prestigiosa università americana, si potrebbe pagare un po' meno e un po' più in là nel tempo i possessori di titoli di Stato, che sono soprattutto grandi Istituti di credito e i Fondi internazionali, salvaguardando invece i piccoli risparmiatori. Certo, la ristrutturazione del debito pubblico in Paesi pressati da crisi e speculazione è operazione ad alto rischio, un po' come - scrive Mauro Del Corno sul Fatto Quotidiano - piazzare una bomba su un aereo in fase di decollo, ma forse la più redditizia. Spalle coperte - La prima mossa sarebbe allungare le scadenze dei titoli di stato: quelli italiani, peraltro, hanno già una scadenza più lunga della media (7 anni, 5,7 i titoli tedeschi, 5 quelli americani). A convincere i creditori ad aderire all'offerta "dilazionata" sarebbe un particolare finanziario importante: l'Italia è uno dei pochi paesi europei ad essere in avanzo primario, con le entrate fiscali cioè che coprono tutte le spese pubbliche interessi sul debito esclusi. Questo significa, sottolinea il Fatto, che le nuove emissioni di titoli "lunghi" servirebbero per la gestione del debito e non per pagare pensioni. A blindare lo stato c'è anche la caratteristica del debito, che nel 96% dei casi vede titoli regolati da leggi italiane.  Fardello pesante - Difficile che Monti percorra questa strada, più per timore di una fuga di investimenti internazionali sui titoli che di uno sgarbo ai (tanti) amici che il governo ha tra i big delle banche (basti pensare al ministro dello Sviluppo Corrado Passera, nella foto, ex Intesa Sanpaolo). Nell'attesa, bisogna però capire quanto ancora l'Italia potrà sopportare una corsa al rialzo di spread e interessi sul debito pubblico (il differenziale è stabilmente sopra il 6% e anche dopo l'accordo sullo scudo europeo non accenna a diminuire) che nel 2012 porteranno a pagare il 5,3% del Pil: 80 miliardi. Vale a dire tre manovre lacrime e sangue.   

Dai blog