L'ora del grande gelotra il Cav e i Colonnelli
Cicchitto, Meloni e Gasparri blindano Alfano: il candidato è lui, Berlusconi faccia solo l'allenatore
È la giornata degli equivoci (finti) e degli avvertimenti (veri), nel Popolo della Libertà. Mezzo partito non applaude alla possibile ri-discesa in campo, la sesta, di Silvio Berlusconi; l'altra metà sta zitta; qualcuno gode pubblicamente. A sera solo Giancarlo Galan stappa il Cartizze («È il numero uno, è di nuovo in pista, l'avevo detto»). Ma la notizia è che tutti gli altri berluscones non festeggiano l'ipotesi che il capo si rimetta alla testa dell'ultima crociata elettorale. «Non è vero che l'ha detto», ne fanno un problema di esegesi. Ma la vera questione non è l'interpretazione delle parole. Tremano, i dirigenti del Pdl, nel vedere con quanta nonchalance l'ex premier abbia asfaltato le ambizioni di leadership di Angelino Alfano. Sicché in molti, e stavolta senza distinzione tra ex An ed ex Forza Italia, fanno quadrato intorno al segretario. Tutti ribadiscono l'appuntamento delle primarie di autunno, strumento che serviva per dare una legittimazione popolare al delfino e che si rende inutile nel momento in cui Silvio stronca la corsa del 41enne agrigentino indicandosi come successore di se stesso. «Ma che gli ha preso?», si domandano i colonnelli azzurri. Amicizie sbagliate E affiora sulle loro labbra quella terminologia finora appartenuta soltanto al lessico leghista: «È colpa del cerchio magico». Un ex componente di governo di area forzista l'altro giorno in Transatlantico si lamentava del filtro che oramai si interpone tra Silvio e i cosiddetti «quarantenni» di Forza Italia. Altri se la pigliano con Daniela Santanchè, che gli suggerisce posizioni populiste. E poi c'è la frequentazione assidua con Vittorio Sgarbi, quello che, dicono, gli avrebbe messo in testa la storia delle liste in batteria (il 14 luglio presenterà il suo movimento insieme a Volpe Pasini, «l'ideologo» della Rosa tricolore). Insomma: lo sentono sempre più distante. E, peggio, vedono svanire la favola del leader che, compiuto il suo, lascia strada al giovane ritenuto più in gamba. Puff. Pure Umberto Bossi lo critica: «Non ho capito cosa voglia fare del Pdl, ma così non andrà lontano. Io lavoro tutti i giorni fianco a fianco con Maroni». Berlusconi? Dalla sua villa in Sardegna ha deciso di non tornare sulle sue parole. Nessun comunicato per dire di essere stato frainteso, come sostengono nel partito. «Ma Angelino e gli altri dove credono di andare senza di me? Si illudono…», confida a chi lo sente al telefono. Silvio decide solo una nota, firmata dal portavoce Paolo Bonaiuti, per replicare a Pier Ferdinando Casini sull'euro: «Berlusconi non ha mai detto che l'Italia deve abbandonare la moneta unica». Il leader dell'Udc aveva sfidato l'ex alleato a lasciare il Ppe se questa era la sua posizione. E Berlusconi, che giovedì sarà a Bruxelles per incontrare i vertici dei popolari, ha voluto chiudere subito qui la polemica. Ma altro che Ppe: ieri, a via dell'Umiltà, era corsa aperta ad iscriversi al Pdp, il «partito delle primarie». Che poi significa il PdA, il «partito di Alfano». Perplessità Il presidente dei deputati azzurri Fabrizio Cicchitto giura che nulla è cambiato: «Nell'immediato siamo impegnati a rilanciare il Pdl, quale che sia il nome futuro, con Berlusconi come allenatore-regista e con il segretario Angelino Alfano da candidare come premier». La metafora calcistica riecheggia anche nelle parole di Giorgia Meloni: «Gli italiani si aspettano che Berlusconi faccia esattamente quello che ha detto: l'allenatore di una squadra che lui stesso ha contribuito a comporre. Questa squadra è il Pdl e ha come punta Alfano, che presto avrà anche la legittimazione delle elezioni primarie». L'ex ministro della Gioventù è anche «assolutamente contraria all'ipotesi di liste civiche» e lo dice chiaro e tondo. Caso quote rosa Pure il presidente vicario dei senatori azzurri Gaetano Quagliariello predica unità: «L'intuizione fondante del nostro partito fu di tenere unite in una sola formazione tutte le anime alternative alla sinistra: bisogna preservarla». Il capogruppo a Palazzo Madama Maurizio Gasparri ricorda che è stato anche Berlusconi a volere le primarie: «Sono state approvate all'unanimità in un ufficio di presidenza presieduto da lui». Ma è pure la storia delle quote, il 50-50 di genere annunciato da Silvio per la compilazione delle liste, che allarma il Pdl: Berlusconi parla di candidature al femminile, i suoi tremano e pensano a una infornata di veline. Perciò gli ex An Massimo Corsano e Giorgia Meloni hanno annunciato la presentazione di un ordine del giorno perché, al di là della parità tra maschi e femmine, sia «la qualità» il criterio fondamentale nella scelta del personale politico. di Salvatore Dama