Due schiaffi ancora non bastano:il premier Monti rivede Angela
Bocciate le proposte del Prof di usare il fondo salva-Stati per comprare i bond e di creare un nuovo pacchetto-crescita
«I leader delle quattro più grandi economie dell'eurozona - scrive oggi il Financial Times - si sono impegnati a rilanciare la crescita e a difendere la moneta unica, ma la Germania continua ad opporsi a proposte di unificare il debito e di usare il fondo di salvataggio per stabilizzare i mercati». È questa, al di là dei titoloni sparati ieri dai principali quotidiani, la sintesi del vertice di venerdì scorso a Roma, che si lascia dietro molte frasi ad effetto, ma ben poca sostanza. Il summit si è infatti concluso «nel disaccordo sulla necessità di interventi a breve termine e su come ottenere una maggiore unione politica e fiscale». Del resto, basta guardare cosa ha riferito Angela Merkel ai vertici della coalizione e dell'opposizione tedesche. Come reso noto dal portavoce del governo di Berlino, i colloqui sono stati incentrati principalmente sui temi dell'agenda per la crescita e di una tassa sulle transazioni finanziarie. Ecco qui cosa è riuscito a portare a casa Mario Monti: accordi di massima sul rafforzamento dei project bond e degli investimenti della Bei per mettere sul tavolo 120-130 miliardi e sulla Tobin Tax. Pacchetto crescita Quanto al primo punto, il piano non è altro che il dossier spedito dal capo di Stato, Francois Hollande, la scorsa settimana ai leader europei. Anzi, a ben guardare si tratta delle proposte formulate almeno un mese fa dal presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso proprio in vista del Consiglio Ue del 28 giugno. Non è un caso che ieri il portavoce del commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, abbia commentato il pacchetto per la crescita concordato a Roma, spiegando «di non aver visto alcuna nuova fonte di finanziamento riguardo a questo piano oltre a ciò che Barroso aveva già detto». In altre parole, non c'è alcun nuovo fondo. Tobin tax Per quanto riguarda la Tobin tax, il dibattito è antico e mai giunto a conclusione. Che i quattro siano d'accordo non cambia la sostanza delle cose, che vede l'opposizione durissima della Gran Bretagna e un drappello di almeno 17 Paesi su 27 contrari all'introduzione della tassa. La questione in ogni caso non è un risultato del vertice, perché nelle stesse ore l'Ecofin decideva di utilizzare il sostegno dei Paesi favorevoli (tra cui Francia, Germania, Spagna e Italia) per aggirare l'ostacolo dell'unanimità e far scattare la cosiddetta «cooperazione rafforzata» che prevede il voto a maggioranza. Eurobond Sui temi cruciali, invece, è chiaro che la Germania non ha spostato di una virgola le sue posizioni. Sugli eurobond il vertice non è andato oltre l'auspicio di Hollande che non siano «una prospettiva a dieci anni» e che il progetto si svilupperà «via via che aumenterà l'integrazione europea». Al di là delle chiacchiere, il termine eurobond non viene mai neanche menzionato nei documenti ufficiali. Così come sembra uscita di scena sia l'ipotesi meno intrusiva del «fondo di riscatto» che dovrebbe mettere in comune solo la quota dei debiti pubblici oltre il 60% dei Pil, sia quella degli eurobills, caldeggiata dalla Francia, i cosiddetti minieurobond a breve durata. L'unica proposta che ancora sopravvive è quella di emettere eurotitoli dal 2015 e solo sul nuovo fabbisogno degli Stati a patto che il disavanzo sia verificato dall'Ue. Scudo antispread Quanto alla proposta di Monti di uno scudo anti-spread attraverso l'intervento del Fondo salva-stati e della Bce per l'acquisto dei titoli dei mercati sotto attacco, dalla Bundesbank ieri è arrivata una bocciatura che non lascia spiragli. «La proposta è contraria ai trattati dell'Unione che proibiscono il finanziamento degli Stati attraverso la Bce», ha tagliato corto il presidente Jens Weidmann. È in questo scenario che si inserisce la notizia emersa ieri di un nuovo vertice romano, questa volta bilaterale, tra Monti e la Merkel. L'incontro sarebbe previsto per il 4 luglio, dopo quindi quello che il premier ci ha finora presentato come l'argomento decisivo per il destino del mondo, dell'Europa e dell'Italia. L'idea che il summit del 28 non cambierà granché le carte in tavola è, del resto, opinione abbastanza diffusa negli ambienti internazionali, dove c'è la consapevolezza che dal Consiglio Ue non potranno uscire interventi urgenti in grado di impressionare i mercati. Per non lasciare nulla di intentato, comunque, Hollande vedrà la Cancelliera il 27 giugno, nella speranza di poter cambiare le cose in zona Cesarini. di Sandro Iacometti