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I salti di Celentano, dagli anti Cav a Mediaset

Eliana Giusto
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  Sarà che gli anni passano e la memoria di Adriano comincia a perdere colpi. Non può esserci altra spiegazione: è evidente che  Celentano non si ricorda più le cose dette negli anni passati sul conto di Silvio Berlusconi. Per esempio quel che dichiarò a Malcom Pagani dell'Espresso il 26 maggio del 2011: «Berlusconi, purtroppo, ha fondato un impero sulla bugia». Peccato che per l'impero del male berlusconiano Celentano andrà a lavorarci.  Il trasloco - Notizia di ieri, strombazzata con enfasi dalle agenzie di stampa: «Mediaset è lieta di annunciare che sarà Canale 5 a portare nelle case degli italiani le due serate del ritorno live di Adriano Celentano, già battezzato dalla stampa come l'evento dell'anno». L'emittente del Biscione manderà in onda in diretta i due concerti che il Molleggiato terrà lunedì 8 e martedì 9 ottobre prossimi all'Arena di Verona. Un evento importante, visto che Adriano non si esibisce dal vivo (intendiamo in concerto, non pensate male) dal 1994, e che il suo ultimo album Facciamo finta che sia vero ha ottenuto una pioggia di dischi di platino. Dunque benissimo ha fatto Mediaset ad accaparrarselo, c'è da giurare che gli ascolti saranno buoni.  L'antiCav - È un po' più sorprendente che il Molleggiato abbia deciso di concedere i suoi servigi all'odiato nemico. Ogni volta che è apparso sullo schermo, in questi anni, Celentano non ha perso occasione per denigrare il Cavaliere e i suoi alleati politici. Ha scritto lettere al Fatto quotidiano in cui invitava i giovani a votare contro il nucleare, spiegando che Silvio avrebbe avvelenato il Paese. È intervenuto telefonicamente ad Annozero  dichiarando quanto segue: «Anche Berlusconi mi sta simpatico, però proprio perché è simpatico  è pericoloso, perché poi la gente lo vota e lui ci fa saltare  in aria con le centrali nucleari». Ha accusato Berlusconi di essere «il mandante» dello sfascio di Milano messo in pratica dalla Moratti e da Formigoni. Durante la delirante apparizione all'ultimo Festival di Sanremo,  ne ha approfittato per contestare la Corte costituzionale, rea di aver giudicato inammissibili i referendum sulla legge elettorale, e - ancora una volta - si trattava di una posizione ostile al centrodestra. Come se non bastasse, ha piagnucolato per la «censura» della Rai a Michele Santoro e ha descritto l'Italia come una nazione alla deriva (chissà per colpa di chi...). Bene, dopo aver dipinto per anni Berlusconi alla stregua di un demonio - evitiamo per pietà di citare l'esibizione  con Roberto Benigni a Rockpolitik - adesso Celentano non si fa alcun problema ad accordarsi con Mediaset per il suo spettacolo.  Risparmio pubblico - Ma vediamo di prenderla con filosofia. In questa vicenda, oltre al versante grottesco, ce n'è pure uno consolante. Cioè il fatto che, una volta tanto, non sarà la televisione pubblica a farsi carico del Molleggiato. Fino ad oggi, infatti, è andata così: a ogni cd in uscita, Viale Mazzini si prodigava per  fornire a Celentano una prima serata in cui far promozione a se stesso e sparare le sue scemenze fotoniche. Il Festival di Sanremo dell'anno scorso deve aver fatto traboccare il vaso. Ricordate? Adriano invocò la chiusura di Avvenire e Famiglia Cristiana, poi si prese un po' di spazio per demolire i giornali che l'avevano contestato. Il tutto alla modica cifra di 350 mila euro ad apparizione. Soldi che - disse - sarebbero andati ai bisognosi, tramite un complesso sistema di elemosine da lui messo a punto. Insomma, una celentanata coi fiocchi che alla prova del video risultò imbarazzante oltre che inguardabile. All'Arena di Verona Adriano avrà l'occasione per fare ciò che gli riesce meglio, cioè cantare;  Mediaset lo accompagnerà nelle case di milioni di italiani. Così Celentano -  che si pensa unico e irripetibile - dimostrerà di essere semplicemente uno dei tanti sofisti  antiberlusconiani che sputano sul Cav e poi pubblicano per lui o vanno in onda nelle sue reti. Da Scalfaro a Concita De Gregorio, da Saviano a Fabio Fazio, la lista è infinita. E il Molleggiato, come al solito, arriva per ultimo. di Francesco Borgonovo    

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