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Argento, gioielli e champagneI doni di Fiorani alla Tarantola

Dal '85 al 2003 l'ex numero uno della Popolare ha riempito di regali l'ex boss della Banca Centrale: lo dice l'inchiesta su Antonveneta

Eliana Giusto
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  Una settimana fa entrata con una giornalista in ascensore al quarto piano di palazzo San Macuto, dove hanno sede le commissioni parlamentari bicamerali, Anna Maria Tarantola, si è fermata al secondo piano. La porta si è aperta e nell'ascensore è entrato un imbarazzatissimo senatore dell'Idv, Elio Lannutti. Lui non ha spiaccicato parola, lei ha sfoderato un sorriso larghissimo: “Buongiorno caro senatore, come sta?”, facendo finta di nulla. Eppure non era un incontro qualsiasi: Lannutti è il nemico numero uno della Tarantola. Basta che sui giornali filtrasse una sua promozione, che lui sfoderava una interrogazione parlamentare velenosa per fermarla. In questa legislatura se ne contano già 22. Dense di notiziole filtrate dall'interno della Banca d'Italia, dove non tutti amavano questa manager in carriera. E talvolta con notizie costruite con sapienza mettendo insieme ritagli di giornale e perfino qualche documento giudiziario. Il più velenoso, quello che più scalfisce l'immagine aurea della superdirigente Bankitalia ora proiettata da Mario Monti alla presidenza Rai per farne una casa di vetro e di indipendenza modello via Nazionale, viene dalle carte dell'inchiesta sulla scalata all'Antonveneta. E' l'elenco dei regali che l'allora numero uno della Banca popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani, ogni Natale inviava ad alti dirigenti della banca centrale. E a scorrerlo sembra che la sua preferita fosse proprio la Tarantola. Che Fiorani ha inondato di regali un po' imbarazzanti per un funzionario della banca centrale, senza mai scordarsi un Natale fra il 1985 e il 2003. Nell'elenco che fu sequestrato dagli inquirenti e che fu al centro di uno scandalizzato editoriale del Wall Street Journal nel 1995, c'è di tutto: servizi da tè, piatti, ciotole, vassoi e posate in argento che nemmeno in una lista di nozze se ne sarebbe raccolte tante. Negli ultimi anni, man mano che la Tarantola progrediva nella carriera, anche qualche monile più importante: un bracciale di Pomellato, uno di Tiffany, un prezioso ed elegante orologio nero di Cartier. Regali che crescevano di importanza pari agli scatti di carriera della Tarantola. Che Lannutti nelle sue interrogazioni ripercorre passo dopo passo infilandoci una malizia ad ogni salto di grado: dai primi passi mossi all'ombra di Alfio Noto nella mitica filiale di Milano della Banca d'Italia, al primo salto del 1993 quando diventa direttore della vigilanza nella piazza finanziaria, alla sua firma che accompagna le prime mosse e acquisizioni di un Fiorani con cui aveva radici comune (entrambi originari del lodigiano), al breve esilio di Varese, agli interessi bancari del signor Tarantola: Carlo Ronchi, legittimo consorte. Poi direttrice della filiale di Varese, ancora di Milano, di Brescia (altra piazza fondamentale per le banche), fino al gran salto a Roma dove divenne funzionario generale e grazie a Mario Draghi prima ragioniere generale e poi vicedirettore generale, carica che ancora oggi ha prima di sbarcare in viale Mazzini. Quell'elenco di regali di Natale- che accomuna la Tarantola ad altri alti funzionari della banca centrale- ha sollevato per la prima volta dubbi sulla reale indipendenza dei funzionari della banca centrale, anche se si è trattato solo di un problema etico-comportamentale e mai è stato ipotizzato alcun tipo di reato. La lista Fiorani è saltata fuori per l'inchiesta: il banchiere era esuberante, e con la Tarantola aveva un rapporto di comunanza territoriale se non proprio di amicizia. Possibile che abbia esagerato un po' alle feste comandate. Anche possibile però che Fiorani non fosse l'unico così' generoso, e che altri banchieri avessero l'abitudine di relazioni pubbliche con i loro vigilanti un po' sopra le righe e molto al di sopra della sobrietà. Così proprio il caso Fiorani ha costretto la Banca d'Italia a varare un codice etico per vietare ai propri dirigenti e funzionari di accettare regali di qualsiasi natura dai banchieri vigilati. Piccola guerra che così anche Lannutti ha potuto vincere. Perderà uno degli altri suoi cavalli di battaglia: l'emolumento riservato alla Tarantola, secondo lui eccessivo: 441 mila euro. In Rai non verrà ridotto: il suo predecessore, Paolo Garimberti, prendeva infatti 448 mila euro, 7 mila in più. di Franco Bechis  

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