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Borse, venerdì nero per Francoforte. Tutti bocciano la Merkel

Nessun accordo su Spagna, eurobond, crescita: i mercati puniscono il folle rigore tedesco. E da Madrid è fuga di capitali

Giulio Bucchi
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Il venerdì nero delle Borse internazionali e di Angela Merkel. Mercati e forze politiche per una volta sembrano parlare con una voce sola e il messaggio alla politica testardamente rigorista della Germania è chiaro: così si affonda tutti e molto in fretta. Non a caso, il Commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn avverte che se l'Unione economica non si rafforza l'euro è a rischio.  Francoforte maglia nera - Piazza Affari tocca i minimi dell'anno e sfiora quelli storici. La giornata è stata influenzata negativamente dai dati macro europei e Usa, in particolare quelli sull'occupazione, e dalle preoccupazioni che la crisi possa colpire il settore industriale. Ma a caratterizzare questo venerdì è stato l'indice pmi manifatturiero cinese che a maggio è arretrato a 50,4 punti, ulteriore segnale che la locomotiva cinese sta rallentando. Tutto questo ha provocato il crollo del Dax di Francoforte (-3,42%) e l'arretramento di Parigi (-2,21%) e di Londra -1,14% mentre Madrid limita le perdite a -0,41%. La Borsa di Milano ha chiuso col Ftse Mib in calo dell'1,04% a 12.739 punti, sotto i minimi dell'anno (12.873 punti il 30 maggio scorso) e 118 punti sopra il minimo storico. In rosso tutti i comparti e quasi tutti i titoli trascinati verso il basso dai dati negativi dell'occupazione negli Usa (dopo un anno è aumentato il tasso di disoccupazione su base mensile), dai segnali di crisi per la banche spagnole e dai timori per l'intera economia in area euro. Dal canto suo, il Commissario Rehn ha spiegato che l'eurozona deve rafforzarsi attraverso un'unione economica più stretta, altrimenti andrà verso una "graduale degenerazione". Messaggi politici - Ma è tutta l'Eurozona a tremare politicamente. Non c'è l'accordo sugli Eurobond né quello sulla crescita trova facile dialogo. E come se non bastasse c'è la grana degli aiuti da dare alla Spagna, sempre più "nuova Grecia" e colpita dalla crisi del credito (con Mario Monti indispettito non poco dal muro opposto da Berlino). E l'allarme arriva dalla Banca centrale iberica, secondo cui dal inizio 2012 c'è stata una fuga di capitali all'estero per 97 miliardi di euro mentre 31,4 sono stati ritirati dai conti correnti: come dire, viene giù tutto. E non a caso il costo per assicurarsi dal rischio di bancarotta dell'Italia e Spagna segna un nuovo record: i credit default swap (Cds) sul debito italiano sono saliti a 575 punti, quelli spagnoli a 609 punti. E naturalmente c'è lo spread: quello tra Btp italiani e Bund tede3schi ha toccato un massimo di 488 punti, quello tra Bonos spagnoli e Bund a 545. Altro campanello d'allarme: il rendimento dei titoli tedeschi a due anni precipitano a -0,002% e anche in questo caso il significato è chiaro: secondo gli investitori l'Eurozona così com'è ora avrà vita breve. Debole anche l'euro che è calato per la prima volta sotto 1,23 dollari da luglio 2009 per poi risalire e chiudere a 1,2375. Altro segnale di sfiducia arriva dalle quotazioni del petrolio: il Brent è sceso infatti sotto i 100 dollari al barile da otto mesi. Nel giorno in cui Berlusconi parla di possibilità di coniare euro da parte della Zecca italiana e la sinistra greca manda platealmente a quel paese l'Unione, alla cancelliera Merkel devono per forza aver fischiato le orecchie.  

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