Monti si sveglia troppo tardiper salvare i nostri marò
Il sussulto tricolore: dopo le accuse, Roma richiama l'ambasciatore
Adesso richiamiamo l'ambasciatore. Adesso. Complimenti, tempismo perfetto, ad accuse infami formalizzate, dopo tre mesi di carcerazione illegale, una cattura ottenuta con l'inganno in acque internazionali, violando le convenzioni dell'Onu e sfidando non solo l'Italia ma l'intera Unione Europea, adesso il governo italiano richiama l'ambasciatore per consultazioni. Sai che paura si metteranno gli indiani adesso, dopo che per tre mesi sono stati liberi di compiere qualunque arbitrio su due militari italiani che difendevano una petroliera dagli assalti dei pirati. Dice un parente di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che si aspettano che il governo cominci a battere i pugni sul tavolo. La verità è che il governo se n'è altamente infischiato dell'intera vicenda, l'ha lasciata nelle mani solerti ma non adeguate di un sottosegretario agli Esteri. senza esperienze di governo e di politica. La verità è che il ministro degli Esteri, a marò illegalmente catturati, se n'è andato in viaggio d'affari con gli imprenditori in India e si è fatto fotografare sorridente con esponenti di quel governo. La verità è che Mario Monti dal vertice di Seul ha graziosamente comunicato che il primo ministro indiano gli aveva lasciato intendere che la vicenda si sarebbe risolta in modo amichevole e noi ancora aspettiamo di vedere una qualche traccia di amicalità, ma lui dovrebbe sentirsi preso in giro, visto che le accuse sono state depositate proprio un minuto prima che scadessero i termini per la carcerazione preventiva e i due militari potessero dunque tornare a casa. La verità è che, come vi abbiamo già anticipato sul giornale di ieri, la mole delle accuse è delle peggiori, che i nostri militari vengono trattati da assassini e da delinquenti, che si preparano a giudicarli, condannarli e tenerseli, a meno di un gesto veramente clamoroso, di un sussulto di dignità italiano. Monti che si sente con le carte in regola mentre va al vertice del G8, risponda a questa domanda: intende o no mettere con forza sul tavolo dei lavori la questione comune della violazione dei diritti sovrani del nostro Paese? Glielo chiede all'amico Obama? Abuso di potere Vi ricordo le tappe più importanti della vicenda, che per modi e forme costituisce un precedente veramente pericoloso. La petroliera “Enrica Lexie” è stata intercettata da un elicottero indiano in alto mare a ben 29 miglia dalla costa. Al di fuori delle acque territoriali e di quelle contigue, 24 miglia in tutto, non si possono fermare navi battenti bandiera straniera. Gli indiani hanno imposto alla nave di tornare indietro prima con l'inganno, fingendo la necessità di una testimonianza su un atto di pirateria, poi con la forza. Lo scrive nel rapporto inviato alla Fratelli D'Amato di Napoli, la società armatrice della “Lexie”, il comandante Vitelli. «Durante l'evolversi dei fatti la nave si trovava a circa 29 miglia dalla costa indiana. Veniva notato da più persone dell'equipaggio e dai militari del nucleo di protezione un elicottero che ci sorvolava. Alle 19.15, venivo contattato dalla guardia costiera che si informava sul cambio di rotta e del tempo stimato di arrivo a Kochi. Si notavano sullo schermo radar più bersagli senza identificazioni (navi militari). Alle 22, dopo aver dato fondo, si palesavano simultaneamente tre motovedette della guardia costiera, che giravano attorno alla nave ininterrottamente per tutta la notte». Vince l'illegalità Poche ore prima, le 13 ora italiana, la Marina militare aveva informato il ministero degli Affari esteri che i marò della “Lexie” avevano respinto un sospetto attacco dei pirati. Il Centro di coordinamento per il salvataggio in mare di Mumbai della guardia costiera indiana invia subito dopo una mail al comandante Vitelli in cui parla di «un atto di pirateria con uno scontro a fuoco fra la sua nave e uno scafo sospetto» e chiede alla nave di dirigersi sul porto di Kochi. Il capitano comunica con l'armatore che lo autorizza a cambiare rotta, cosa che in seguito l'armatore negherà. La guardia costiera assicura che gli italiani devono solo riconoscere i pirati e poi potranno ripartire. Poi gli indiani gettano la maschera e con la petroliera ancora fuori dalle acque territoriali e contigue, lanciano l'elicottero che sorvola la “Lexie”. Alle 23.29 locali, nella rada di Kochi, il capitano invia la richiesta agli indiani di chiarire subito la faccenda per poter ripartire il giorno seguente alle sei del mattino. Invece arriva la polizia con lo stato di fermo. I marò verranno arrestati il 19 febbraio. Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, sostiene che sono stati costretti a sbarcare con la minaccia della armi. Il 19 febbraio a bordo ci sono il console a Mumbai, Giampaolo Cutillo, l'addetto militare dell'ambasciata italiana, contrammiraglio Franco Favre. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sembrano gli unici ad aver compreso la gravità della situazione e prima di farsi arrestare dichiarano: «Consideriamo illegale il tentativo di sottrarci con la forza alla giurisdizione italiana, in virtù del principio di immunità delle forze militari in transito ed in servizio antipirateria». Tre mesi dopo l'illegalità ha vinto. di Maria Giovanna Maglie