Due procure indagano sulle bancheL'ipotesi di reato? Usura
Al lavoro le procure di Bergamo e Trani su segnalazione degli imprenditori
Una offensiva (per ora) silenziosa. Da Nord a Sud, i giudici stanno per scatenare una vera e propria guerra contro le banche. Due piccole procure, Bergamo e Trani, grazie alle denunce di alcuni imprenditori coraggiosi, stanno ficcando il naso nel sistema creditizio del Paese. E hanno accesso un faro sui meccanismi che regolano l'applicazione degli interessi sui prestiti alle imprese, sugli scoperti di conto corrente e sugli affidamenti. Meccanismi diabolici che farebbero scattare tagliole micidiali sui costi dei finanziamenti, spesso mettendo in ginocchio le imprese. Fatto sta che dalla Lombardia alla Puglia, insomma, due procure sembrano viaggiare in un inedito tandem. Una specie di rivolta contro il mondo del credito. In un momento in cui il denaro allo sportello viene erogato col contagocce e, stando alle denunce degli imprenditori, pagato a caro prezzo. Con commissioni addirittura fuori legge: usura e truffa i reati al centro delle indagini, secondo le carte delle procure che Libero ha potuto visionare. Non è la prima volta, per la verità, che un pubblico ministero apre le ostilità contro le aziende di credito. Tant'è che alcuni big bancari, in passato, sono stati già condannati. Tuttavia, l'affondo, stavolta, potrebbe andare al cuore del problema. Vale a dire i sistemi di calcolo che consentono agli istituti di praticare tassi da cravattari. Ecco perché al centro delle verifiche dei piemme sono finite le circolari della Banca d'Italia, l'autorità di supervisione del sistema finanziario. L'istituto di via Nazionale in passato è stato tirato in ballo in alcune vicende giudiziarie e le verifiche si concentrarono sulla presunta omessa vigilanza. Le condanne non hanno mai sfiorato i vertici di palazzo Koch. Bankitalia non emerge direttamente nelle carte della procura di Trani, che si è mossa sulla base della denuncia dell'imprenditore Antonino De Masi, non nuovo a queste azioni rumorose. Mentre gli inquirenti di Bergamo fanno preciso riferimento al ruolo di via Nazionale. Bankitalia è tirata in ballo esplicitamente dal giudice per le indagini preliminari (il documento è dello scorso 14 maggio). Il gip Giovanni Petillo, che ha respinto una richiesta di archiviazione e nel suo provvedimento cita anche le carte della procura, sostiene che tra «coloro che potrebbero essere chiamati a rispondere del reato» ci sarebbero «anche coloro che si rapportano con la Banca d'Italia ed hanno partecipato alle decisioni dell'istituto di diritto pubblico nel corso degli anni, quali rappresentanti dell'azionariato e coloro che hanno arbitrariamente nel corso degli anni escluso dalle istruzioni della Banca d'Italia voci di costo decisive, in patente violazione della legge n. 108/1996», cioè le norme sull'usura. In pratica, ci troveremmo di fronte a omissioni volontarie dalle formulette sulle soglie d'usura che, all'atto pratico, consentirebbero l'applicazione di interessi illegali. Un passaggio assai rilevante - potenzialmente destinato ad aprire uno squarcio nel mercato del credito - quello del tribunale di Bergamo. Che chiede, nei fatti, al pubblico ministero un supplemento di indagini anche per fare luce sui soggetti eventualmente da coinvolgere. Nelle prime valutazioni del piemme mancherebbe l'elemento del dolo, cioè uno dei presupposti per accertare la sussistenza di un reato, quello di usura nel caso oggetto delle indagini. La faccenda, a Bergamo, va avanti dal 2010. E si fonda, tra altro, sui calcoli eseguiti da un commercialista di Roma secondo cui, come si legge nelle carte del gip, «l'istituto bancario aveva applicato» su due conti correnti «tassi usurari superando la soglia stabilita trimestralmente dal ministero dell'Economia». Dall'Italia settentrionale al Mezzogiorno, come accennato, il quadro non è poi troppo diverso. Per una volta, insomma, l'Italia è unita. Se non fosse che, oltre all'ipotesi del reato di usura, il pubblico ministero di Trani, stando a due documenti dell'11 e del 14 maggio, sta indagando anche per truffa. Il che, probabilmente, rende la situazione potenzialmente più grave. Il sostituto procuratore incaricato che sta portando avanti il dossier è Michele Ruggiero. Uno che non ha paura di mettersi contro i colossi della finanza. Non a caso, è lo stesso Ruggiero ad aver avviato le indagini contro le tre agenzie di rating (Fitch, Moody's e Standard & Poor's) e che lo scorso gennaio ha portato a “sfilare” in procura a Trani, oltre ai rappresentanti delle tre “sorelle americane”, financo il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Una maxi inchiesta, quella sulle società Usa, che ruota attorno all'ipotesi «dell'esistenza di un accordo di cartello» tra le agenzie di rating «ai danni dei cittadini e dei risparmiatori italiani». Nel mirino era finito il declassamento del nostro Paese. Il taglio del giudizio sui conti pubblici italiani, cioè, verrebbe concordato a tavolino per favorire la speculazione. Insomma, un fascicolo pesantissimo. E lo potrebbe diventare pure quello contro le banche italiane aperto sulla base della denuncia di De Masi. Denuncia che finora non ha portato all'iscrizione di nessuna persona nel registro degli indagati. E chissà che la crisi e la recessione non provochi un'accelerazione dell'inchiesta. di Francesco De Dominicis