Quello che (non) ho...lo copio
Dagli spot al titolo: per Fazio e Saviano solo idee riciclate
Per carità. Magari domani sera scopriremo che l'ultima creatura della coppia Fazio-Saviano sarà un'esplosione di creatività ed effetti speciali, il programma rivelazione dell'anno, il campione di ascolti eccetera, sta di fatto che sulla carta, rovistando tra le varie anticipazioni, è più facile trovare una foto di Belen Rodriguez vestita da suora che un'idea originale in Quello che (non) ho, su La7 lunedì, martedì e mercoledì. Il conduttore e lo scrittore, di nuovo insieme dopo aver regalato a Raitre i record storici di ascolto, non copiano. Omaggiano. Si dice così. A partire dal titolo del programma che è una canzone di Fabrizio De Andrè, ma d'altra parte anche il programma in Rai, Vieni via con me, aveva preso spunto dalla musica di un altro mito, Paolo Conte. E va detto che su La7 pochi si inventano i titoli, da Daria Bignardi con Le invasioni barbariche (era un film) all' Otto e mezzo dal sapore felliniano. L'ideona del programma è quella di ridare un senso alle parole. Una trovata che, come evidenziato recentemente da Dagospia, è tale e quale a un format di Radio Rai 2 Una parola non basta il cui slogan è «Riscoprire la dignità delle parole, ripescandole dalla discarica verbale quotidiana». E cosa ha dichiarato di recente Fazio? «Vogliamo lucidare le parole, restituire loro un senso». Insomma, la stessa cosa. E non ha nemmeno fatto fatica a inventarsi lo spot di lancio perché è esattamente identico a quello radiofonico, con il presentatore che uno dopo l'altro prende e lancia fogli in cui sono scritte parole diverse, “musica”, “vento”, “mare”, “cucina”... E se proprio vogliamo fare i pignoli dobbiamo ricordare che il primo a fare un video così è stato Bob Dylan nella pioneristica clip di Subterranean homesick blues, 1965, in cui Bob sventolava le parole, appunto, che poi erano il testo della sua canzone (basta farsi un giretto su Youtube per riscontrare le analogie). «Io non copio, cito», disse Daniele Luttazzi per riparare alla galattica figuraccia quando si scoprì che tante sue gag erano interamente copiate dai repertori e sketches di comici americani e inglesi. Daniele la fece grossa, Fazio e Saviano sono più sobri nel cogliere ispirazione dal lavoro altrui. L'autore di Gomorra, come è noto, fu costretto a ripubblicare in una nuova edizione il suo best seller sulla camorra specificando, nero su bianco, che alcuni episodi di cronaca da lui sviscerati erano stati presi da giornali locali. E va bene. Poi si scopre che la cantautrice Elisa fa parte del cast fisso insieme a un “nuovo volto” (Luciana Littizzetto, che probabilmente farà Luciana Littizzetto) ma l'artista non eseguirà pezzi originali ma, toh, delle cover di U2, Cat Stevens, Bob Dylan. Ma sulla musica non si discute. Quello che, alla vigilia del programma, colpisce abbastanza è che Fazio e Saviano non sembra si siano allontanati molto dalla struttura di Vieni via con me. Là c'erano gli elenchi, qui le parole. Capirai che differenza. E oggi come ieri gli autori (Michele Serra è presente in entrambi i progetti) utilizzano Facebook per trainare e avere spunti per il programma. Idea originalissima: da Fabio Volo all'Isola dei famosi fino a Sabina Guzzanti non c'è trasmissione in cui non si senta la parola Twitter o Facebook. Sul social network, nel profilo Quello che (non) ho, gli utenti possono scrivere i loro pensieri in libertà. C'è chi dice “casa”, chi “lavoro”, chi “dignità”. Vieni via con me era stato anticipato da un simile tam tam pubblicitario. Per ora sono meno di seimila le persone che hanno cliccato sul «Mi piace», ma cresceranno. Non c'è nulla di male nel copiare qualcosa di bello o qualcosa che ha funzionato. La fiction del momento, Una grande famiglia, altro non è che il clone italiano del telefilm Usa Brothers and sisters e questo non toglie nulla al prodotto. Ma che Quello che (non) ho venga presentato come qualcosa di rivoluzionario... Forse l'unica cosa di nuovo del programma è che ora Berlusconi non è più al governo. Ma questo non è certo merito di Fazio. di Alessandra Menzani