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Monti scrive agli italiani: "Quanto ti droghi?"

Il ministro della Salute

Tabacco, farmaci, stupefacenti. Le domande del governo sul tuo stile di vita

Eliana Giusto
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  L'autodafé governativo è un questionario di tredici pagine. Te lo manda a casa (ne sono state stampate circa 300mila copie per altrettante famiglie) il ministero della Salute con cortese preghiera di compilazione e reinvio. Dentro, la dettagliata confessione dei tuoi vizi: stile di vita, tabacco, alcolici, droga, giocod'azzardo e via peccando. Il governo della sobrietà vuole sapere quanto sei sobrio tu.  L'anonimato è salvo (la legge sulla privacy non consentirebbe altrimenti), ma per il resto lo screening è completissimo. E ci mancherebbe, dato che il tutto avviene a maggior gloria della scienza. I risultati, viene spiegato, serviranno come base per una ricerca tesa a «studiare le abitudini e gli stili di vita della popolazione italiana e valutare l'eventuale consumo di alcune sostanze potenzialmente nocive». Il documento, pubblicato sul sito dell'Espresso, parte col background biografico: sesso, età, occupazione, area geografica eccetera. Si passa poi alla sezione «stili di vita», e qui suona il primo campanello: se alla domanda «Cosa fa durante il Suo tempo libero» l'utente ha marcato la risposta «Assisto ad aventi musicali», arriva la prima richiesta di ammissione: «Ha mai partecipato ad un rave party?». Dà lì in avanti, ci si cala a capofitto nella spirale del vizio. Sezione C, tabacco, dove si dovrà spiegare se e quanto si fuma, da quanto tempo e quante volte al giorno. Sezione D, alcol, col il governo che vuole sapere con quale frequenza il cittadino si ubriaca e a quale età abbia scoperto i piaceri di Bacco. Non manca l'incursione nel sociologico: «Negli ultimi anni», si chiede a un certo punto, «si sta diffondendo un'abitudine alcolica chiamata happy hour, Lei ne ha mai sentito parlare?». Dopo la parte dedicata agli energy drink (tra cui, si badi bene, «non si intendono integratori con sali minerali») ci si comincia ad addentrare in territorio chimico. Riscaldamento coi farmaci, sezione F. Sedativi, barbiturici, steroidi, anabolizzanti: quale che sia la tua prescrizione, sei pregato di fornirne comunicazione. Alla sezione G, la droga. Qui il cittadino è chiamato ad indicare, scegliendo in un elenco di impressionante completezza, quali e quanti stupefacenti abbia mai sentito nominare e, eventualmente, consumi: dalle smart drugs agli oppiacei non c'è sostanza psicotropa a questo mondo che non sia compresa nell'elenco. Oltre alle domande sulla frequenza di utilizzo ci sono anche quelle sulle modalità di reperimento della droga medesima. A quanti confessino di usare sostanze, infatti, il governo chiede anche come se le procurino. Quattro opzioni: «Internet», «Smart shop», «Erboristeria/drogheria», «altro». Quanti, non comprando la droga in erboristeria ma ricorrendo al buon vecchio pusher sotto casa, abbiano marcato la casella «altro» sono poi pregati di specificare nelle due righe appositamente stampate sotto in cosa si concretizzi questo «altro». È pertanto ipotizzabile che in svariati moduli inviati al ministero compaia a un certo punto la scritta a penna «spacciatore», e si converrà che l'immagine è suggestiva.  In coda, giochi e scommesse, dove si chiede di comunicare la frequenza con cui ci si concede al gioco d'azzardo, sia esso la schedina Totip o qualche casinò on line. Non si rinuncia, infine, al giro di opinioni. Nell'ultimo quesito, si chiede se e quanto il cittadino approvi e consideri pericolosi comportamenti quali «bere più di due bicchieri di vino a pasto», «fumare occasionalmente hashish o marijuana», «provare eroina una volta o due». Una volta che si è detto cosa si pensa del consumo di allucinogeni, è finalmente ora per i saluti. Senza fretta, però: subito sopra l'obbligatoria scritta «grazie per la preziosa collaborazione» i grafici del ministero hanno da ultimo lasciato uno spazio bianco destinato ad «Eventuali note/osservazioni». Ci fosse qualcosa che vi siete scordati di confessare più indietro, fate ancora in tempo a metterla qui.   di Marco Gorra

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