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Lusi evadeva pure sui soldi rubati

L'ex tesoriere della Margherita

Eliana Giusto
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C'è anche una accusa di evasione fiscale per 1,3 milioni di euro nella richiesta di arresto per l'ex segretario amministrativo della Margherita, Luigi Lusi, inviata in Senato dal gip romano Simonetta D'Alessandro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il senatore che è stato poi espulso anche dal Pd avrebbe pagato con i soldi della Margherita ben 3,5 milioni di euro una bella casa a Roma in via Monserrato, a due passi dalla residenza di Carlo De Benedetti. La casa sarebbe stata pagata solo in parte alla luce del sole dalla società acquirente, la Ttt controllata da Lusi e dalla moglie Giovanna Petricone attraverso una società canadese, la Luigia Ltd. In nero sarebbe invece avvenuto il versamento da un milione e 355 mila euro avvenuto «a mezzo di numerosi assegni di taglio medio piccolo tratti dal conto corrente dell'Agenzia Bnl/Senato, intestato alla Margherita, consegnati privi dell'intestazione del beneficiario al sig. X quale corrispettivo parziale (e non dichiarato nel contratto di compravendita ai fini di evasione fiscale e di frode in danno dell'agenzia immobiliare), con riferimento all'acquisto - da parte di Ttt, dell'immobile di via Monserrato».  L'episodio ha colpito molto i magistrati, tanto da farne uno dei principali capi di accusa della richiesta di arresto. A stupire è la vicenda in sé: uno si prende una casa con soldi non suoi, ma sottratti al partito politico di cui è amministratore, e poi paga in nero per fregare sia l'agenzia immobiliare che il fisco. Secondo stupore: quando Lusi è stato interrogato l'ultima volta in procura, ha ammesso e spiegato tutti gli addebiti dei magistrati per responsabilità che erano venute alla luce del sole. Questo pagamento in nero non era ancora noto agli inquirenti, e Lusi si è preso ben guardia di rivelarlo, dando l'impressione quindi di volere inquinare le prove a suo carico, che è proprio una delle motivazioni della richiesta di arresto. Nelle 27 pagine inviate dal gip di Roma in Senato si spiega anche come è stata definita l'associazione a delinquere che si sarebbe creata fra Lusi, i suoi familiari vicini e lontani, alcuni collaboratori dello studio professionale privato e due commercialisti - ora agli arresti domiciliari - che lo hanno assistito sia per la contabilità della Margherita che per quella delle società di famiglia.  Di Lusi i magistrati parlano come di un serial killer, con toni molto forti, rimarcando le sue «condotte che per la loro serialità devono dirsi compulsive», accennando a «comportamenti che rivelano un accentuato dinamismo illecito». Per i familiari viene ritenuto evidente il beneficio ottenuto con la partecipazione alla associazione: alla moglie sono stati trasferiti quasi 3 milioni di euro, a parenti e affini pagate spese e concessi prestiti vantaggiosi per centinaia di migliaia di euro. L'assistente di studio che ha fatto da “testa di legno” per Lusi nelle società è stata ricompensata con 100 mila euro, somma che i magistrati ritengono sufficiente. Stessa somma è stata data a ripagare l'onorario di due commercialisti, ma per loro i magistrati ritengono che non sia sufficiente, e che sia necessario ben altro vantaggio per collaborare a una maxi-sottrazione di risorse che ammonterebbe a circa 23 milioni di euro. Pm e gip ritengono - basandosi sull'interrogatorio della moglie di Lusi - che il vantaggio sarebbe venuto dalla partecipazione a un futuro sodalizio politico per cui l'ex tesoriere della Margherita stava accantonando risorse. Una sorta di partito o movimento Lusi di cui avrebbero fatto parte familiari e collaboratori finanziato proprio con i soldi via via sottratti alle casse della Margherita. di Fosca Bincher

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