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Il difetto dei vip? Sono allergici ai loro fan

Su Twitter basta una piccola critica per far scattare insulti a valanga

Selvaggia Lucarelli
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  Con questa storia che si sono messi tutti su twitter e  facebook e sono diventati così  accessibili, democratici e desiderosi di mescolarsi alla gente comune, i vip si sono infilati in un bel guaio. Perché se è vero che rimanere in contatto con la realtà è terapeutico, è altrettanto vero che la rete è un inquietante e caleidoscopico calderone di commentatori stimolanti in mezzo a una miriade di mitomani, frustrati, finti impavidi, irrecuperabili fancazzisti e rompiballe da competizione. È la moderna livella. Io, impiegato del catasto della periferia di Barletta posso dire a te, Elisabetta Canalis, che vuoi fare l'americana ma ti sono rimasti nuraghe e pane carasau nello sguardo. Posso dire a Del Piero che oggi è stato una schiappa e che impallinerei lui e l'uccellino. Posso dire al direttore del quotidiano che col suo giornale c'accendo la carbonella del barbecue. Alla Chiabotto che la sua voce è più fastidiosa del fischietto richiama-tordi e a Mario Balotelli che meriterebbe di rimanere chiuso un mese nello sgabuzzino con Delio Rossi. Ed è chiaro che nella maggior parte dei casi,  se l'impiegato del catasto avesse a che fare con Cristina Chiabotto non davanti allo schermo di un computer, ma al semaforo, non solo si guarderebbe dall'insultarla, ma le chiederebbe pure la foto con dedica per la nipotina di sei anni che ha il suo cartonato con la fascia di Miss Rocchetta nel bar dei genitori.   Sono le controindicazioni del virtuale amplificate al massimo dall'anonimato. E qui casca il vip. Perché il vip, all'insulto facile, non è addestrato. Il turpiloquio lo destabilizza. Lo schiaffone virtuale lo lascia frastornato. Basta farsi un giro su twitter per osservare la galleria di pugili suonati che cercano di rispondere a colpi di tweet ai propri detrattori, chi con ganci in piena regola, chi piagnucolando come signorine a cui s'è scheggiato lo smalto, chi entrando nel pericolosissimo vortice di botta e risposta che si protrae per ore, talvolta per giorni, riducendo il vip in uno stato di frustrazione che neppure lo share al due per cento. Ivan Zazzaroni, durante il suo programma a Radio Deejay, ieri mattina ha letto un messaggio ricevuto da un ascoltatore che lo rimproverava di occuparsi poco di un calciatore e l'ha liquidato con uno sportivo «Max, vaffanculo».  Fabio Volo, poche mattine fa, ha fatto un'ora di trasmissione imprecando contro gli ascoltatori che gli scrivono messaggi demagogici e offensivi rispondendo a suon di «Non dovete rompermi le palle!». Salvo Sottile, celebre in rete per essere permaloso quanto un orso bruno digiuno da sei settimane,  l'altro giorno ha dato ingiustamente del “poveraccio” al giornalista Andrea Spadoni perché aveva scritto che somiglia a Star Trek. Lucio Presta ieri ha twittato un aulico «coglione» a un collaboratore di tv blog. E questo è solo un granello di sabbia in una lunga battigia di insulti e battibecchi al cui confronto lo scambio di vedute tra mio figlio e i compagni di scuola su quale Gormita meriti la sovranità assoluta di Gorm, è roba da convegni alla Sorbona. Mi spiace ammetterlo perché so che una posizione populista attirerebbe consensi facili, ma io spesso provo umana pietà per il vip.  Perché guardate che sottoporsi al fuoco incrociato di tutti gli stracciamaroni virtuali è un lavoro usurante. Prendiamo Rudy Zerbi. In anni di onorata carriera ad Amici  e a “Italia's got talent”, con la sua nota perfidia, ha mandato in analisi circa settantadue ballerini, tredici cantanti, due mangiafuoco e un uomo sgabello. Dopo qualche mese su twitter è fuggito come una vecchietta inseguita da un calabrone, perché qualche frustrato anonimo l'ha minacciato.  E allora regalo ai vip una guida scientifica al commentatore tipo, così che possano riconoscere la tipologia al primo tweet: il tuo biografo ufficiale. Fanno  parte di questa curiosa specie quegli urticanti commentatori che ne sanno sempre una più di te, anche, appunto, su di te. Che so, Lorella Cuccarini scrive che nel '94 durante uno spot per Scavolini le era rimasto il mignolo chiuso nel vano lavastoviglie, e arriva tale Giulio66 che twitta: «Eh no Lorella, sii più precisa, era il pollice della mano sinistra. Frattura scomposta con lesione tendinea e non era il vano lavastoviglie bensì la mensola scolapiatti». Che tu dici. Ma ‘sta gente, non ce l'ha una famiglia, un credo religioso, una scadenza imu a cui pensare? Il complottista dietrologo.  È quello che siccome lo showbiz è un mondo sporco e corrotto e lui lo sa perché non ha perso una puntata di Lost che con lo showbiz non c'entra nulla ma solo per chi non ha capito il sottotesto, vede il marcio ovunque. Qualsiasi cosa twitti il vip di turno, anche un semplice «Oggi fa freschetto», lui lo accusa di captatio benevolentiae, ruffianeria, inciuci con direttori di rete, concorrenza sleale, dermatite seborroica e riciclaggio di denaro sporco. Il tipo “tutta invidia”. È il retropensiero universale. Se una donna dice o scrive male di un'altra donna, anche solo «il fucsia non le dona», arriva lo stracciamaroni che le scrive «tutta invidia».  Anche se Federica Panicucci domani scrivesse che la smerigliatrice Bosch le ha rigato un tavolo da giardino, qualcuno commenterebbe: tutta invidia. Il bolscevico. Sarà che c'è crisi e la tensione tra le classi sociale è alle stelle, ma ormai anche se Nina Zilli si permette di scrivere «Stasera sushi!», arriva il bolscevico di turno a seppellirla di messaggi del tipo: «Brava! Tu mangi pesce crudo mentre un quarto della popolazione mondiale muore di fame, un terzo degli italiani non sa come arrivare a fine mese e per giunta oggi che la Lazio ha pure perso! Mi fai schifo».  Poi c'è  il megalomane  quello che anche se tu hai 25435343324 followers, si sente in dovere di avvisarti quando un tuo pensiero lo irrita a tal punto da fargli prendere l'amara decisione di non seguirti più. Che ti vien voglia di rispondergli: ok, credo che continuerò a lavarmi e non comincerò a nutrirmi di bacche, me ne farò una ragione. Infine,  il bimbominkia. Che poi è la categoria più pericolosa, paragonabile alla biscia acquattata sotto la pietra. Ignori la sua esistenza finché non sollevi il masso. Ovvero. Vive nel suo mondo virtuale popolato da telefonini da ricaricare, lucchetti a Ponte Milvio e professori-tutti-minchioni, ma se solo ti permetti di muovere una timida critica a un personaggio a caso tra Marco Carta, Alessandra Amoroso o Anna Tatangelo, ti scatena contro una furia omicida che alle Termopoli in confronto si giocò a Burraco. Sono fermamente convinta del fatto che leggendogli a voce alta il tweet incazzoso di un bimbominkia di Emma Marrone, si potrebbe convincere il capo della resistenza talebana ad andare a decorare confetti a Sulmona. di Selvaggia Lucarelli  

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