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Donald Trump e Giorgia Meloni, il vecchio mondo sul (ca)viale del tramonto

Antonio Socci
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Trump ha rimesso in moto la Storia che si era infognata in una spirale di conflitti e nella decadenza (geopolitica, culturale ed economica) dell’Occidente. L’Italia di Giorgia Meloni ha assunto un rilievo inedito sulla scena mondiale dell’epoca trumpiana. Ma la palude politica composta da Dem Usa e Ue non tollera chi costruisce pace e sviluppo con idee innovative, rifiutando la loro ideologia woke.

Il loro Ancien Régime, senza consenso popolare, si barrica dietro a vecchi organismi sovrannazionali come l’Onu o la Corte penale internazionale che hanno dimostrato la loro parzialità. (...) La Ue che ora si scaglia contro gli Usa per le sanzioni alla Cpi, mentre l’Italia dice no allo scontro con gli Stati Uniti, è un episodio emblematico di tale conflitto. C’è un groviglio di vecchia politica europea a cui l’emergente leadership di Meloni dà molto fastidio. La premier italiana in breve ha inanellato una serie di successi che hanno provocato tanti mal di pancia: la soluzione strepitosa del caso di Cecilia Sala, con il sorprendente viaggio negli Usa, il successo della missione in Arabia Saudita che ha un’importanza economica e geopolitica, la questione dei dazi in cui l’Italia può giocare un ruolo importante e l’evidente forza della stabile Italia di fronte al tracollo dei governi di Germania e Francia. Ce n’è abbastanza per alimentare risentimenti e gelosie di leader al tramonto contro la nostra premier.

Casualmente in questa situazione accade l’episodio del generale libico che gira per settimane in tutta tranquillità nei paesi europei, ma diventa “da arrestare” appena entra in Italia. Un’occasione ottima per colpire Meloni (come si è visto in Parlamento). Tutti sanno infatti quanto dirompente poteva essere quell’arresto per i nostri rapporti con la Libia (li conosceva bene chi volle la guerra che destabilizzò quel Paese nel 2011, guerra di cui noi abbiamo pagato le conseguenze).

 

VISIONE CORRETTA
Per capire cos’è la sicurezza nazionale italiana che il governo ha dovuto difendere ci aiuta un libro di Lucio Caracciolo, La pace èfinita. Così ricomincia la storia in Europa (Feltrinelli), uscito nel 2022. Il direttore di Limes, certamente non “di destra”, scriveva: «L’Italia confina con Caoslandia lungo le sue frontiere con la quarta sponda - Libia e Tunisia - e con i Balcani adriatici. Impedire che il conflitto investa il Mediterraneo è per noi priorità delle priorità. Se il mare attorno a noi s’incendiasse e la circolazione da e verso gli oceani ne fosse pregiudicata, il nostro paese si troverebbe a lottare per la sopravvivenza. L’italica avversione alla strategia marittima... impedisce di cogliere la nostra dipendenza dal mare di casa, vitale collettore degli scambi per questo paese senza quasi materie prime e orientato all’esportazione. Medioceano, quindi, più che Mediterraneo. La penetrazione russa e turca nel Medioceano... impone di elaborare una dottrina marittima, cominciando a individuare nei paesi litoranei le sponde utili alla nostra sicurezza non solo economica». Ieri Lorenzo Cremonesi, sul Corriere della Sera, ha riportato ciò che dicono fonti libiche altolocate: se il governo Meloni avesse agito diversamente su Almasri «sarebbero stati ad alto rischio immediato le strutture dell’Eni, i lavoratori italiani in Libia e qualsiasi italiano si trovasse nel Paese, compresi i piccoli commercianti. La stessa ambasciata sarebbe stata presa di mira». Un collega libico gli ha spiegato: «Turchia, Francia, Egitto e Russia si sarebbero spartiti i contratti italiani».

È chiaro cos’è la sicurezza nazionale? Nel libro di Caracciolo, scritto dopo l’inizio della guerra in Ucraina, ci sono anche altri spunti che aiutano a decifrare l’attualità. Come la “guerra dei dazi”, in particolare il colossale surplus commerciale della Germania verso gli Stati Uniti, che danneggia anche le altre economie europee: «La vocazione germanica a esportare merci di qualità per trarne liquidità mentre induce deflazione da noi e negli altri paesi dell’Eurozona illustra la divergenza di interessi economici fra Germania e Italia».

Un flash che deve far riflettere quel Pd che da giorni intima alla Meloni di non difendere gli interessi italiani sui dazi, ma quelli europei. Significherebbe immolarsi per gli interessi tedeschi. L’irrompere di Trump terremota la folle costruzione dirigista con cui la UE negli ultimi anni ha demolito gli interessi dei popoli europei a cominciare dall’industria. Una follia insostenibile che, accompagnata alla crisi politica ed economica di Germania e Francia e all’idea suicida di mettersi contro gli Stati Uniti, porta al tramonto della Ue.

 

TABÙ CRITICARE L’EUROPA
Anche in questo caso Caracciolo aveva previsto giusto: «L’idea di Europa ha perso. Ha perso perché nega la storia. E ne è dunque negata. $ antistoria. Utopia. In senso stretto: senza spazio e senza tempo». Il direttore di Limes aveva già colto anche uno degli aspetti che ha caratterizzato questa UE: l’intolleranza, l’arrogante rifiuto di ogni critica e di ogni correzione di rotta. Scriveva Caracciolo: «Dell’Europa non si può dubitare. È tabù».

E per criticare «l’indisponibilità del fanatico europeista a discutere l’Europa» cita «un geniale storico neozelandese», John Greville Agard Pocock: «Io percepisco che una costruzione chiamata “Europa” è stata inventata e mi è stata imposta in un linguaggio che devo accettare senza porre troppe domande su che cosa esattamente sia. Sono molto scettico circa i motivi per i quali questo viene fatto. Mi piace caratterizzarmi come euroscettico, nel senso proprio del termine (...). Perché si suggerisce che non possiamo essere scettici sull’Europa senza essere fanatici oppositori? Quando questo genere di cose accade, è normalmente perché una parola viene usata per bloccare ogni pensiero critico su di essa». Si è imposto infatti il pensiero unico di un vecchio mondo allo sbando, incapace di riformarsi, ma capace ancora di fare molti danni. Uno stagionato establishment euroamericano che non vuole rinunciare al proprio potere, ma è ormai sul (ca)viale del tramonto.

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