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Magdeburgo, chi era davvero il killer: faceva il matto ma così ha fregato gli 007 tedeschi

Amedeo Ardenza
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La Germania è scossa e Il clima è teso. Sabato sera la polizia di Essen ha denunciato per istigazione all’odio razziale un uomo che ha disturbato il minuto di silenzio organizzato prima dell’incontro di terza divisione fra il Rot-Weiss Essen e il VfB Stuttgart II. Mentre gli altri tifosi si raccoglievano nello stadio di Essen nel ricordo delle vittime del mercato di Natale di Magdeburgo falciate dall’auto in corsa lanciata fra i banchetti di vin brulè e dolciumi, uno spettatore ha gridato «La Germania ai tedeschi!» per poi essere fischiato e additato come nazista. Quell’urlo è il sintomo di una crescente intolleranza verso gli stranieri alimentata anche dai fatti di Magdeburgo.

Al volante dell’auto noleggiata per compiere la strage c’era il saudita Taleb Al Abdulmohsen, di professione psichiatra, con studi di specializzazione conclusi a Stralsund. Un rispettabile medico di provincia così poco fiero dell’assetto islamico del suo Paese di provenienza da essersi più volte lanciato in invettive anti-islam e pro AfD, il partito sovranista pangermanista e xenofobo, criticando una Germania troppo aperta agli stranieri.

 

 

Macché medico di provincia, l’uomo era un pericoloso islamista radicalizzato avevano scritto negli anni e mesi passati le autorità di intelligence saudita ai colleghi tedeschi. Avvertimenti che svelavano la strategia della taqqiya adottata da Al Abdulmohsen: fingersi laico e anti-islamico, dissimulare la propria identità da estremista per poter meglio portare avanti il jihad, la guerra all’infedele.
Avvisi bellamente ignorati dai tedeschi forse perché di avvisi del genere ne ricevono troppi; o forse perché quelli in arrivo da Riad vengono ignorati sempre e comunque con la presunzione che un governo autoritario come quello saudita invece che gli estremisti punti a colpire gli oppositori all’estero.

Lui, intanto, ottenuto lo status di rifugiato politico, si era fatto notare per aver minacciato per iscritto gli stessi giudici contrari a riconoscere alcuni suoi titolo di studio.

Per tutta risposta, la polizia criminale, la Bka, gli aveva inviato una reprimenda scritta, mai consegnata perché le autorità non erano riuscite a rintracciare la sua residenza. Da AfD ai nazionalisti di sinistra del Bsw, le opposizioni hanno chiesto spiegazioni alla ministra federale degli Interni Nancy Faeser, convocata il 30 dicembre dal Bundestag appena disciolto. Faeser ha promesso che sarà fatta luce sulle responsabilità dei servizi di intelligence e non è escluso che qualche testa presto rotolerà, forse la stessa della ministra.
Parlando ieri da una Magdeburgo ancora sotto shock, Alice Weidel, candidata cancelliera per AfD, ha chiesto che fatti del genere «non accadano mai più», ricordando che dopo il tempo delle lacrime «arriva quello delle domande e delle risposte».

 

 

 

L’instabile Al Abdulmohsen era già stato contattato dalla polizia della Sassonia-Anhalt, la regione della sua ultima residenza, ha chiarito la ministra degli Interni del Land orientale, Tamara Zieschang, senza rivelare il contenuto degli incontri fra il medico e le forze dell’ordine «perché c’è un’indagine in corso«.

Intanto dalla stampa tedesca si apprende che oltre a essere uno stragista, Al Abdulmohsen, arrestato venerdì sera a Magdeburgo, era anche un pessimo medico. Residente a Bernburg, il saudita lavorava come medico della locale casa circondariale.

Qua, riferisce la Bild, i detenuti lo avevano soprannominato “Dr. Google”: ogni volta che un carcerato gli chiedeva una cura, Al Abdulmohsen ricorreva a Internet per cercare una risposta. «Quando ho avuto una trombosi, non sapeva cosa fosse», ha rivelato al quotidiano un ex detenuto. «Anche fare iniezioni non era il suo forte: una volta nel vaccinarmi i contro il Covid si è punto un dito».

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