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Marò, il governo indiano fa marcia indietro: "Non si applichi la pena di morte"

I  due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre

Nuova Delhi ha chiesto al ministero dell'Interno di rivedere il suo parere sulla Sua Act, la legge che prevede la pena di capitale

simone cerroni
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Sul caso marò il governo indiano fa marcia indietro, o almeno così riporta il 30 gennaio il quotidiano indiano The Indian Express. Di fronte alla crescente pressione sull'establishment indiano, dopo le voci sull'applicazione nella vicenda della "Sua Act", legge che prevede la pena di morte per pirateria e terrorismo, il governo ha chiesto al ministero dell'Interno di rivedere il suo parere: la legge, cioè, non andrebbe applicata al caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri italiani accusati di aver ucciso, il 16 febbraio 2012, due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala.  Il passo indietro del governo - Fonti del ministero della Giustizia hanno detto che all'attorney general (l'autorità giudiziaria competente per il caso) verrà chiesto di riconsiderare la sua opinione alla luce di questo punto. "Il suo parere - riferiscono il giornale - sarà esaminato dal ministro della giustizia a differenza dell'ultima volta (quando il via libera fu dato da un funzionario di medio livello)". "Al ministero - si legge sul The Indian Express - è stato richiesto di considerare il fatto che la legge è stata pensata per far fronte ad atti di terrorismo e pirateria e questo non è il caso dell'omicidio dei due pescatori".  La condanna dell'Unione Europea - Per il momento la situazione rimane in bilico, ma il governo indiano già è stato avvisato delle conseguenze che, un eventuale esito negativo della vicenda, potrebbe portare. Mercoledì lo stesso presidente della Commissione europea, Josè Barroso, ha sottolineato che "ogni decisione sul caso dei due fucilieri del Battaglione San Marco può avere un impatto sulle relazioni complessive fra l'Unione Europea e l'India".  Washington cerca di mediare - L'eco della vicenda di Latorre e Girone, nel frattempo, è rimbalzata il 29 gennaio in uno dei più conosciuti think tank americani, la Carnegie Endowment  for International Peace di Washington. L'incontro organizzato dall'istituto con l'ambasciatore indiano negli Usa, Subrahmanyam Jaishankar, pur avendo al centro la discussione le relazioni indo-americane, ha lasciato spazio anche per altre questioni, tra cui quella dei marò. Un giornalista ha introdotto l'argomento domandando: "Il mancato rispetto delle leggi internazionali da parte indiana, specie nel caso dei marò, può avere un impatto sulla proiezione mondiale del Paese? L'ambasciatore cerca di schivare la domanda affermando che "l'iter verso l'individuazione dei capi d'accusa sta avanzando". "Il punto - ha continuato l'ambasciatore indiano - è definire i loro capi d'accusa, anche se la gente ha ben chiaro che i marò italiani hanno sparato a dei pescatori indiani". "Continuiamo a cooperare sulla questione della sicurezza dei mari anche con le autorità di altri paesi e stiamo dando il nostro contributo anche in questo caso. La mia sensazione è che la cosa si risolverà presto", ha concluso il diplomatico. Precedentemente lo stesso Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Susan Rice, aveva portato il caso dei marò all'attenzione   dell'ambasciatore Jaishankar chiedendogli di parlare al ministro degli Esteri indiano per arrivare a una rapida soluzione della questione.

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