I parlamentari incontrano i marò:"Siamo soldati, soffriamo con dignità"
E la stampa di New Dahli ammette: "Il governo indiano si è cacciato in un impiccio"
"Siamo soldati, soldati italiani, dobbiamo soffrire con dignità". Queste le parole che il marò Massimiliano Latorre ha detto incontrando, insieme a Salvatore Girone, i parlamentari italiani che sono volati a New Delhi per sostenere i nostri due soldati sotto processo con l'accusa di aver ucciso due pescatori indiani durante una missione anti-pirateria. "Ci auguriamo di tornare con onore", ha aggiunto Latorre alla delegazione di parlamentari che li hanno incontrati. Ma perché il viaggio dei politici itialiani non si trasformi in un'ennesima sfilata, perché non diventi solo uno spot che funziona in tv è necessario che facciano qualcosa - subito - per riportarli a casa. Non dovrebbero rientrare senza avere avuto garanzie sui due soldati che adesso rischiano la pena d morte. La delegazione è composta da Pier Ferdinando Casini, presidente commissione Esteri del Senato, da Nicola Latorre, presidente commissione Difesa di Palazzo Madama, dai senatori Maurizio Gasparri (Forza Italia), Marcello Gualdani (Nuovo centrodestra), Riccardo Nencini (Partito socialista), Luis Alberto Orellana (M5s) e Antonio Fabio Maria Scarone (Gal). Con loro ci sono anche Fabrizio Cicchitto, presidente commissione Esteri della Camera, Elio Vito, presidente della commissione Difesa di Montecitorio, i deputati Andrea Causin (Scelta civica), Edmondo Cirielli (Fratelli d'Italia), Daniele Del Grosso (M5s), Donatella Duranti (Sel), Gianluca Pini (Lega Nord), Domenico Rossi (Popolari per l'Italia) e Gian Piero Scanu (Pd). L'impiccio indiano - Intanto la stampa indiana comincia a farsi qualche domanda. Il governo indiano si è cacciato in un impiccio affidando il caso dei marò alla Nia, l'Agenzia Nazionale d'Investigazione, sostiene una fonte del ministero dell'Interno indiano, che parlando con l'Hindustan Times esplicita le difficoltà del governo di New Delhi nella gestione del caso, difficoltà evidenziate dai ritardi dell'inizio del processo ai due fucilieri del battaglione San Marco. "Quando si discute la questione del processo ai due marò italiani e i problemi inerenti al caso, perdiamo solo tempo", ha riferito al quotidiano la fonte anonima del ministero dell'Interno che ha partecipato a molte riunioni sulla vicenda. Il funzionario ammette che il ministero dell'Interno si è infilato in un pasticcio proprio all'inizio della vicenda, quando ha assegnato il caso alla Nia, agenzia specializzata in attacchi terroristici creata sulla scia degli attentati di Mumbai del 2011, che può applicare il Sua Act, che prevede la pena di morte in caso di omicidio. "La Corte Suprema voleva che il caso fosse affidato a una qualsiasi altra agenzia federale", prosegue la fonte. E persino i funzionari della Nia "non furono contenti della decisione del ministero e avrebbero voluto che il caso fosse affidato a un'altra agenzia".