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Natale in India per i marò

I due Marò prigionieri

La tragedia di un Paese ridicolo. Anziché assistere i milotari prigionieri, la ministra si mette il velo a Teheran di fronte agli ayatollah

Andrea Tempestini
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Natale in India, e non è un cinepanettone, è la tragedia di un Paese ridicolo, è la sorte incerta e gravida di pericoli di due italiani servitori della patria, gente per bene  abituata a obbedire tacendo, anche di fronte a uno Stato e a un governo che fanno schifo. Chissà che cosa dovrebbero fare per ottenere attenzione Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti illegalmente da 22 mesi in India con l'accusa di aver ucciso due pescatori del posto, scambiandoli per pirati, mentre erano in missione antipirateria su una petroliera italiana al largo del Kerala.  Chissà che cosa dovrebbero fare per ottenere l'atten - zione di un premier che ieri era così occupato a raccontare balle sulla svolta e sul cambio di generazione al comando, a invocare san Giorgio salvatore d'Italia, da non trovare il tempo per nominarli nella conferenza di fine anno. Potrebbero cucirsi le labbra stile centro di accoglienza di clandestini, magari qualcuno si ricorderebbe di loro, un deputato li andrebbe a trovare sotto luci di telecamere, guadagnerebbero aperture di tg. Sperare in visita o anche solo due parole, una conferenzina stampa, del ministro degli Esteri è francamente troppo, la signora deve scegliere come velarsi per omaggiare gli ayatollah in Iran umiliando tutte le donne, e l'inviato speciale prima sottosegretario agli Esteri ma sempre inutile alla bisogna, Staffan de Mistura, dev'essere già partito per sudate vacanze. Così li salutiamo noi che ci ostiniamo a non dimenticarli, insieme a un popolo vario ed eterogeneo che si ritrova su Facebook e su Twitter, animato da due gentiluomini: Giulio Terzi di Sant'Agata, uno che per i due marò si è inutilmente speso e infine dimesso da ministro degli Esteri, un caso unico e perciò ignorato, e Fernando Termentini, un generale dell'esercito che si batte come un leone per la causa dei due fucilieri di San Marco.  Sono fonte di preziose informazioni. Per il resto poca roba: qualche giornalista e qualche politico, il Parlamento ha votato una risoluzione e si è lavato le mani, i presidenti delle commissioni Esteri di Camera e Senato, Cicchitto e Casini, hanno ben altro da tramestare. Vedremo se qualcuno si sveglierà quando saranno condannati. Siccome però di bugie disgustose, di chiacchiere poco credibili, di avvertimenti mafiosetti, ne circolano parecchie ai cosiddetti alti livelli, tra un «non disturbate il manovratore», un «forse sono colpevoli», un «poi chi vorrà aprire il dossier lo farà», e un aum aum da diplomazia segreta di terza classe, vale la pena ricordare le troppe domande di questa brutta storia. È un modo per rispettare Massimiliano e Salvatore.  Di quali dossier parla la Bonino? Apriamoli, sarebbe ora. Chi nella notte tra il 15 e 16 febbraio 2012 ha condiviso con l'Armatore della Lexie la decisione di far rientrare la nave in acque ter- ritoriali indiane? Chi e perché ha fatto rientrare in India il 22 marzo u.s. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dimenticando o ignorando i vincoli costituzionali e del Codice Penale in tema di estradizione, in particolare le sentenze della Suprema Corte n. 223 del 27 giugno 1996, n. 45253 del 22 nov. 2005, Cc. Dep. Il 13 dic. 2005, Rv, 232633 e da quanto sentenziato dalla Sez. VI il 10 ottobre 2008 n. 40283, dep. 28 ottobre 2008 su chi e come si deve decidere un'estradizione? Perché abbiamo accettato che sia una Tribunale Speciale a giudicare due militari italiani sulla base di un'indagine affidata ad un'Agenzia investigativa indiana (National Investigation Agency NIA) che, per mandato istituzionale, è “obbligata” a fare ricorso al “Sua Act” (Conven - zione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione marittima) che prevede la pena di morte? Perché abbiamo rinunciato al ricorso all'Arbitrato internazionale che ci avrebbe restituito i diritti di sovranità nazionale calpestati dall'India, a partire da quello fondamentale della garanzia dell'immunità funzionale dovuta a propri militari impegnati in funzioni istituzionali?  Altro che quel «Non è accertata la colpevolezza, e non è accertata l'innocenza. I processi servono a questo», l'infelicissima frase con la quale lo staff del ministro degli Esteri ha risposto ad alcuni commenti nello spazio aperto su Facebook, spazio poi precipitosamente chiuso. Perché il Parlamento non conta più niente? Il 4 dicembre alla Camera 415 presenti hanno votato all'unanimità un Ordine del Giorno sulla necessità che si faccia qualcosa per sbloccare la situazione. Il deputato Cirielli di Fratelli d'Italia ha detto: «Ci sono responsabilità gravissime del Ministro Monti, probabilmente del Ministro Di Paola e forse anche del Ministro Passera, che ha avuto, in tutta la vicenda della restituzione vergognosa dei nostri due marò all'India, un ruolo stranamente iperattivo ».  La Camera ha riconosciuto che gli errori incredibili commessi sono: accondiscendenza al rientro in acque territoriali indiane ed autorizzazione all'approdo della petroliera italiana Erica Lexie sul porto di Koci, consegna dei due militari alla Polizia di uno Stato Federale e non centrale, mancata rivalsa per le comunicazioni ingannevoli della Guardia Costiera del Kerala in assoluto dispregio del Diritto Marittimo, mancata garanzia di una attività di interpretariato non affidata nella prima fase ad interpreti accreditati presso la nostra Sede diplomatica di Delhi, consegna di armi ed equipaggiamento militare ad uno Stato Terzo, mancato avvio di un Arbitrato Internazionale. Tanto per rinfrescare la memoria al bravi ragazzi del governino Letta, giovani ma confusi.  di Maria Giovanna Maglie  

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