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Coronavirus, l'ordine per e-mail del regime ai medici di Wuhan: non parlate del contagio

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"Il comitato sanitario nazionale richiede esplicitamente che tutti i dati sperimentali dei test, i risultati e le conclusioni relative a questo virus non siano pubblicati su mezzi di comunicazione autonomi". Così, il 2 gennaio, Pechino si rivolgeva via mail a medici e ricercatori di Wuhan, quando ancora il coronavirus non destava particolare preoccupazione nel mondo. Nulla doveva essere divulgato: tutto doveva rimanere all'interno dei confini della città focolaio di Wuhan. Tuttavia, una ventina di giorni dopo, il virus arrivò negli Stati Uniti, a causa di un cittadino di ritorno da Wuhan. In quel caso gli Usa curarono con successo il paziente, avvalendosi di un antivirale in via di sperimentazione, richiesto dalla Cina qualche giorno prima della somministrazione. Per approfondire leggi anche: Coronavirus, la profezia del libro del 1981: "nel 2020, arma biologica e virus da Wuhan" Dopo la cura con il Remdesivir, i sintomi nel paziente americano scomparirono e i risultati furono immediatamente pubblicati nel New England Journal of Medicine. Ma prima ancora che gli Usa abbiano testato il farmaco, l''Istituto di Virologia di Wuhan richiede ufficialmente il brevetto del Remdevisir per il "trattamento dei pazienti malati di coronavirus". La motivazione della richiesta verrà resa nota solo due settimane dopo. Nel testo in esame la Cina adduceva a "interessi di sicurezza nazionale", prima ancora di aver preso misure stringenti come quarantena e sospensione dei servizi per bloccare la diffusione del virus. I sospetti sul comportamento del governo cinese si intensificano.

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