Ora è vietato criticare l'islam anche quando è assassino: l'accusa di Renato Farina
Che Pasqua è questa. Il sepolcro vuoto di Cristo è inondato dal sangue di coloro che nel lontano Sri Lanka, isola favolosa dell' Oceano Indiano, erano accorsi a messa festanti per celebrare la resurrezione. Lontani ma così vicini alla nostra memoria che per un attimo abbiamo ritrovata. Dalle loro case avevano raggiunto le chiese dell' antica Ceylon, evocante la gentilezza di una tazza di tè, con quella capitale che ha un nome familiare: Colombo, nostri parenti anche in questo. Di primo mattino, come Maria Maddalena e le altre donne di Gerusalemme duemila anni. Ma le pie donne avevano trovato giovani in candide vesti, angeli probabilmente, ad annunciare: «Non è qui, perché cercate tra i morti colui che è vivo?». I bambini erano pronti anch' essi, come d' uso in tutto il mondo, ad agitare i campanelli insieme con i chierichetti alla proclamazione di quel fatto testimoniato e creduto oppure no, ma ineludibile per l' intero mondo. L' istante più sacro che esista è stato infranto dalla volontà di morte, che si fa fatica a ritenere opera di uomini. Invece sì. Sono uomini, mossi da una volontà di devastazione di ciò che sia un segno cristiano. Sono anni che accade e riaccade il giorno di Pasqua in Nigeria, in Pakistan, in Iraq, in Egitto. Sempre loro. Sono l' internazionale islamica del terrore che trova sempre nuovi capi, ma tagli la testa di Bin Laden in terra afgana, e salta su quella di Al Baghdadi in Siria. La schiacci lì e rinasce in Sudan, nelle Filippine, in Indonesia. In Sri Lanka! Le mamme e i padri, i nonni e le nonne avevano condotti lì per mano i piccini vestiti di colori sgargianti, le colombe della pace, le uova simbolo di vita nuova, l' ostia bianca consacrata. Alle 8 e 45 contemporaneamente in tre grandi chiese, dove c' è stato il massimo numero di morti, e in tre hotel a cinque stelle, sono esplose le bombe, con geometrica infame potenza. Il bilancio provvisorio, mentre nuove bombe esplodono qua e là vicino alle chiese, è di quasi 300 morti e 500 feriti. Tra essi, ufficialmente, 36 stranieri, specialmente americani, poi olandesi, danesi, un francese, un cinese... LA STATUA INTATTA La statua di Gesù della chiesa di Sant' Antonio a Colombo è rimasta intatta. Proprio come la croce in Notre Dame a Parigi. Ma questo Cristo è cosparso di sangue, come se fossero le sue lagrime, ed in fondo è così: è l' esplosione di sangue dei suoi poveri amici venuti a incontrarlo nel giorno della sua gloria. Una vecchia storia profetizzata dai Vangeli: «Vi perseguiteranno». Scelgono sempre i povericristi. Questo è il tempo dei martiri. A noi importa poco di loro, diciamocelo francamente. Se no sapremmo che i 300 morti ammazzati a 8mila chilometri da casa nostra, tra i quali la grandissima parte cattolici, sono un piccola porzione dei cristiani che sono stati meticolosamente ridotti a carcasse da fossa comune, solo perché credenti, nel 2018. Sono 4.300! Qui non consideriamo le vittime delle guerre, ma le persone o le comunità individuate precisamente in base al loro atto di fede festiva. La graduatoria vede al primo posto la Nigeria, poi il Pakistan, quindi l' India. In quest' ultimo caso i cattolici, quasi tutti provenienti dal mondo tribale, sono stati arsi vivi o linciati da folle inferocite di indù. Si rifletta: in passato venivano assassinati per lo più i missionari. In Algeria negli anni '90 sono stati uccisi dagli islamici fondamentalisti 19 monaci (tra cui un vescovo) e suore perché ritenuti propagandisti cristiani, venuti dall' estero a convertire i musulmani (e moltissimi algerini coraggiosi che li frequentavano pur devoti al Corano sono stati a loro volta giustiziati). Da qualche anno invece si colpiscono le minoranze per ripulire le nazioni dal cancro cristiano. O vi convertite o ve ne andate o vi uccidiamo. Questi ci tengono alla loro fede, e loro li ammazzano. E l' Occidente ben raramente adotta misure per rendere sconveniente questa orrenda decimazione. Lo ha denunciato il Papa il giorno di Pasqua, con il volto sconvolto dalle notizie dallo Sri Lanka: «Siamo indifferenti», ha detto. Messaggio alle Masse - E certo un po' di responsabilità però ce l' ha anche la predicazione delle gerarchie, in rima baciata con il sistema di pensiero global-progressista. Il messaggio che arriva alle masse è di colpevolizzazione delle periferie egoiste e della gente comune, con lo sguardo esclusivo solo al percorso e all' arrivo di chi emigra o fugge, piuttosto che coinvolgere le coscienze responsabilizzando tutti, governanti e cittadini, a una solidarietà che si diriga a combattere nel profondo le pulizie etnico-religiose nei Paesi di partenza. Magari invitando i cattolici occidentali a una presenza di amicizia collaborativa in Africa e Asia, coinvolgendo gli islamici che sono qui. E promuovendo non certo l' invio di eserciti liberatori (perniciosi: vedi Iraq ecc) ma investimenti culturali ed economici condizionati alla libertà religiosa. Quanti pensieri vengono. Difficile scacciarli. A me parrebbe slealtà non riferirli. Se la stessa cura con cui ci si inchina ogni giorno di persona e con i discorsi ai profeti dell' ecologia, fosse dedicata ai cristiani perseguitati, ci sarebbe meno ignoranza e meno indifferenza. Per approfondire leggi anche: L'Isis rivendica gli attentati in Sri Lanka Intanto gli sforzi generosi e per lui personalmente rischiosi per creare fraternità tra le religioni sembrano scontrarsi, con la constatazione della successiva devastazione della comunità cristiana locale. Il 13 gennaio 2015, Francesco aveva iniziato la sua visita in Sri Lanka con un appassionato incontro interreligioso a Colombo. Ceylon ha 22 milioni di cittadini. Di essi il 70% è buddista, gli induisti sono il 13%, i musulmani il 9%, i cristiani (in maggioranza cattolici) sono il 7%. Alla cerimonia quel giorno c' erano i leader di tutte le confessioni. Risultato? Nel 2018 il rapporto sui diritti dell' uomo del Dipartimento di Stato Usa denunciava che le organizzazioni cristiane e le varie chiese hanno subito pressioni per «interrompere tutte le loro attività», e le autorità hanno parlato a questo riguardo di «manifestazioni non autorizzate». Anche i buddisti infatti hanno i loro estremisti. Prima che sui siti jihadisti partissero gli «Allah Akbar!» di giubilo per le stragi, sono stati monaci arancioni a diffondere foto su internet con le dita a V. Al punto che all' inizio si è sospettato sì di una matrice religiosa, ma avrebbe potuto essere di tutti i tipi. Diciamo però che l' odore inconfondibile dell' islam terrorista ci è arrivato subito nelle narici. 4.300 martiri cristiani nel 2018... Ripeto la cifra: quattromilatrecento. Bambini, vecchi, madri, padri. Immaginiamoli in fila, stesi a terra. Anzi, impossibile. Molti sono spappolati. I numeri giungono, nel momento in cui li scopriamo, come una faccenda sconosciuta, vietato farlo sapere dalle nostre parti, per timore che sia considerata notizia poco consona alla pace sociale, come se la convivenza debba reggersi sull' oscurantismo e sull' ignoranza. Le teniamo nascoste. Ci interessa di più calmare le nostre paure che occuparci del sangue dei nostri fratelli. In fondo ci basta che i carnefici non spostino la loro macchina infernale a casa nostra, dove certo contano su sostenitori a iosa. Calcolo meschino. Calcolo miope. Noi viviamo in tempo di martiri. Impariamo da loro il coraggio. E chi può un po' di fede e di speranza. di Renato Farina