L'ambasciatore egiziano a Roma: "Italia muta di fronte alle chiese distrutte"
Il diplomatico accusa l'Occidente: toglierci le armi significa rafforzare gli estremisti di Allah
Ex ambasciatore in Corea del Sud e in Irlanda, Amr Mostafa Kamal Helmy da marzo è alla guida della sede diplomatica di Roma, nella splendida cornice di Villa Ada. È lì che concede l'intervista a Libero e ci spiega cosa sta succedendo nel Paese e, soprattutto, che cosa ancora non viene raccontato. Ambasciatore, in questo momento così difficile per l‘Egitto le sue prime parole per chi sono? «Per le potenze occidentali, che hanno condannato l'uso della violenza dei militari ma non quello dei Fratelli musulmani: sono loro che hanno dato fuoco a oltre 50 chiese, di tutte le confessioni cristiane, copte e cattoliche». Lei come se lo spiega? «Con un grandissimo errore nell'informazione: non viene raccontato quello che in realtà sta succedendo. I musulmani, quelli veramente moderati, hanno difeso chiese, case, negozi dei cristiani mentre i Fratelli musulmani li assalivano. Le potenze occidentali non hanno condannato quelle azioni neppure dopo la presa di posizione contro la Fratellanza dello sceicco di Al Azhar, massima autorità religiosa sunnita». Quindi buona parte di quello che sappiamo sta succedendo in Egitto non sarebbe vero? «Non viene raccontato tutto: l'Egitto, in questo momento, sta combattento contro un movimento che è di stampo estremista, perchè vuole distruggere, un movimento che ha vinto le elezioni ma poi ha forzato la legge per cambiare la politica, l'economia, la società, la cultura del Paese. Si riferisce all'accentramento dei poteri? «Certo. Non si è fatta la rivoluzione per dare più forza a un singolo movimento ma per incamminare il Paese verso la democrazia. La popolazione è scesa per strada tra fine giugno e l'inizio di luglio perchè le sue aspettative sono state disattese». Ora come intende rispondere il nuovo governo alle attese dei cittadini? «Con un pacchetto di riforme economiche e sociali, con l'obiettivo di non alzare le tasse». Con quali risorse finanziarie? «All'Egitto è arrivata la fiducia di tre paesi del Golfo Persico, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti, che hanno inviato aiuti per miliardi di dollari». Sono gli aiuti che sostituiranno quelli dell'Occidente? «Questo è un altro errore. Avere un Egitto stabile, che cresce economicamente, è un vantaggio anche per l'Occidente, a cominciare dall'Europa». E i rifornimenti di armi? «Bloccare le forniture di armi significa fare un favore ai Fratelli musulmani. Così i poliziotti e i militari non possono difendere la popolazione e anche i suoi tesori archeologici. Chi pensa che abbia assaltato la biblioteca di Alessandria? I civili da soli non possono proteggere musei o chiese». E l'uso della violenza da parte di polizia ed esercito che ha disorientato l'occidente? «E io le rispondo con un'altra domanda. Perché l'occidente ha condannato quanto è successo nelle piazze El Nahda e Rabaa el Adawiya e non la morte di decine di poliziotti nell'attacco a un loro bus nel Sinai pochi giorni fa? Nessuno sa cosa succede veramente al Cairo…». Cosa succede? «Amnesty International, il 2 agosto, ha denunciato che ci sono prove che i sostenitori di Morsi hanno ucciso e torturato i loro oppositori. Il comunicato parla anche di donne violentate proprio nel corso delle manfestazioni in suo sostegno». Eppure è molto strano vedere ora incarcerati Morsi e liberato l'ex rais Mubarak… «Ma perchè si parla di liberazione? Mubarak non è libero: è stato trasferito in un ospedale militare. Ha molte accuse a suo carico e riprenderanno altri processi a suo carico. Non è libero per la giustizia egiziana, non può lasciare il Paese». Riuscirà l'Egitto a uscire da questo periodo così difficile? «Certo, ma con l'aiuto di tutte le anime della sua popolazione. L'Egitto è un paese grande, complesso. Si possono avere idee diverse, ma bisogna lavorare tutti insieme, pacificamente». Simona Verrazzo